Scrivo poco ultimamente del Venezuela. E, giuro, non lo faccio per mancanza di amor patrio o disinteresse. Sono sempre stata una di quelle persone idealiste, convintissime che bastasse l’impegno di pochi per cambiare il mondo e farlo davvero. Nel tempo, però, mi sono ricreduta. Solo a fasi, per fortuna.
Non passa giorno che io non pensi alla mia terra natale, al luogo dove sono cresciuta e dove ho plasmato la mia natura, per arrivare a essere chi sono oggi. Perché le radici sono radici e sempre lo saranno. Tuttavia, a fasi, la tristezza prende il sopravvento, così come la consapevolezza che se non scatta qualcosa, se davvero qualcuno là, oltre oceano, non si attiva per cambiare le sorti del nostro povero paese, nessuno da qui, tramite un blog o Facebook potrà fare qualcosa. Voglio dire, sapete quanto io creda nei social, nel web, nella comunicazione digitale e nelle potenzialità che ci vengono offerte per far conoscere la reale situazione venezuelana al mondo intero. Sono stata tra le prime, nel web, a dare notizia con frequenza giornaliera di quanto accadesse lì, allo scoppiare delle prime rivolte studentesche contro il regime dittatoriale di Maduro all’inizio del 2014. Sono stata individuata tra le persone “ostili al governo”, ho trovato lungo la mia strada centinaia di nuovi e vecchi amici con cui condivido lo stesso amore verso il Venezuela, la stessa provenienza geografica, la stessa natura ibrida, a metà tra due continenti, lo stesso dolore che trasmette un esilio forzato, la stessa nostalgia verso qualcosa che esiste solo in noi, nei nostri ricordi, ormai. Ho trovato e ritrovato compagni di viaggio combattivi e sognatori: Odilia, Cono, Domenico, Valderis Paula e Claudio, Maria Cristina in primis, ma tanti, tantissimi altri ancora.
Piano piano le notizie provenienti dal Venezuela hanno iniziato a diventare per me lame taglienti, sempre meno sopportabili. Soprattutto nell’indifferenza generale italiana. Ho allentato, mi sono dedicata ad altro. Gli impegni di lavoro e i blog da portare avanti mi hanno fatto concentrare su altro, seppur sempre orientata con cuore, occhi e mente al Venezuela. La lingua ormai aggrovigliata e stanca di ripetere le stesse parole e gli stessi concetti a persone spesso incapaci di ascoltare e stare a guardare. Così per qualche mese ho lasciato che fosse solo Odilia, grande amica e instancabile traduttrice, a portare avanti la parte dedicata al Venezuela nel mio blog. Colgo l’occasione per dirle di nuovo grazie, 100.000 volte. Ricominceremo, ne sono certa. O meglio ricomincerò io, perché loro non hanno mai smesso, pur sentendomi sempre una di loro. Mi serve solo una spinta, una speranza. Ma io che professo il pensiero positivo non posso certo smettere di sperare proprio ora! Questo sabato a Milano ci sarà una manifestazione pro-Venezuela. Dovrei essere via, ma farò di tutto per provare ad esserci, non solo con il cuore. Il mio sogno resta uno e sempre uno, sempre quello: una Venezuela libre!