Arrivo da 4 bellissimi giorni in Valle d’Aosta, così belli che sono riuscita persino a trovare bella la montagna. Non che non lo sia, sia chiaro, la montagna è incantevole e la Valle d’Aosta meravigliosa.
Solo che per chi, come me, è nato sulla linea dell’equatore e non ama particolarmente il freddo e l’eccessivo candore dei panorami ed è cresciuto riempiendosi gli occhi di paesaggi tropicali, la montagna, specialmente in inverno, non finisce, generalmente, nella top 5 dei luoghi del cuore.
Ciò nonostante, complice un bellissimo sole, giornate calde e luminose, un cielo blu che più blu non si può e degli splendidi compagni di viaggio, sono stati dei giorni splendidi, di cui sono certa conserverò uno splendido ricordo.
Non solo per la grandissima bellezza che porto ancora negli occhi, data dai panorami e dai mille scorci visti negli ultimi giorni, ma anche e soprattutto per il fatto di aver incontrato tante persone nuove, grazie alle quali ho scoperto un modo molto pulito di pensare e vivere la vita, che credevo, almeno in parte, superato, se non dimenticato.
Ho infatti avuto modo di conoscere diverse piccole realtà artigianali nate e portate avanti dalla passione, dalle capacità e dalla voglia di farcela.
L’impressione che ho avuto durante il mio soggiorno alla scoperta del territorio valdostano, è stata di avere a che fare con un mondo lontanissimo dal nostro, dove i ritmi seguono ancora quelli della natura e delle stagioni, dove le persone si riuniscono, si frequentano, sognano e progettano insieme, dove gli artigiani sono ancora moltissimi e tramandano i propri saperi e le proprie capacità, di generazione in generazione.
Ma soprattutto un mondo dove ognuno tiene davvero alla propria attività, nel rispetto della tradizione, ma senza pensare solo al proprio orticello.
Sarà che da noi succede meno frequentemente.
Sarà che i miei coetanei, in genere, al momento di ereditare o prendere in mano le redini di una qualsiasi attività di famiglia, scelgono spesso di lasciarla andare, di non portarla avanti, di intraprendere una strada del tutto nuova e diversa da quella dei propri genitori o dei propri nonni.
Spesso mi sono chiesta se si tratti semplicemente di un comprensibile desiderio di occuparsi di altro, o se invece dietro una scelta di questo tipo possa esserci anche una sorta di “ansia da aspettativa”.
Ecco, quest’ansia da aspettativa non l’ho trovata nei valdostani.
Anzi. Nei tanti artigiani incontrati nei giorni scorsi, al contrario, ho visto la ferma volontà di condurre ancora meglio dei loro predecessori le proprie attività lavorative, di migliorarle ulteriormente, di modernizzarle, mossi dalla fortissima volontà di portarle “oltre confine”, di farle conoscere anche al di fuori della Valle d’Aosta.
Pensiamo solo, tra le tante specialità tipiche di queste zone, al pane nero, alla fontina, al jambon de Bosses, al lardo d’Arnad, alle tegole, le erbe aromatiche, o al génépy. Tutte eccellenze del Made in Italy che meriterebbero di superare i confini e di poter essere conosciute anche altrove. Ciò che più mi ha impressionata è stato il grande gioco di squadra esistente tra loro. Una vera e propria sinergia delle varie piccole realtà locali, tutte strettamente legate al territorio.
Alla base del loro operato c’è la consapevolezza di rappresentare parte dell’importante patrimonio eno-gastronomico valdostano, il desiderio di valorizzarlo, e il sogno di far conoscere in tutta Italia e, chissà, in tutto il mondo, le tradizioni e i sapori della Valle d’Aosta.
Essere una squadra, prendersi per mano, aiutarsi e sostenersi a vicenda, sembra essere una delle principali caratteristiche delle realtà che ho conosciuto nei giorni scorsi in Valle d’Aosta.
Piccole e medie imprese che hanno deciso di proporsi e di promuovere insieme i propri prodotti nel mondo, insieme alla cultura ed al turismo, mossi da un senso di forza locale molto forte. D’altronde saper “vendere” un territorio fa sì che i soggetti coinvolti ne diventino protagonisti.
Chiacchierando con 5/6 delle realtà incontrate (ma di questo torneremo a parlare più avanti), è emerso il desiderio comune di creare una vera e propria rete tra le strutture e il territorio attraverso percorsi che permettano al turista di conoscere il territorio e di utilizzare le strutture per i loro servizi offerti.
Un bellissimo esempio di come l’unione faccia la forza in Valle d’Aosta, è rappresentato dalla Fiera di Sant’Orso di Aosta, che cade ogni anno, il 30 e 31 gennaio, quando artisti e artigiani valdostani espongono con orgoglio i frutti del proprio lavoro lungo le vie del centro di Aosta.
La fiera di Sant’Orso è una celebrazione della creatività e dell’industriosità di chi abita quelle zone montane, oltre che un grande evento popolare in cui si manifestano le caratteristiche proprie dell’identità valdostana.
La visita alla fiera di Sant’Orso è per tutti i valdostani un’esperienza straordinaria e indimenticabile, da vivere con una fortissima partecipazione emotiva.
Non è tanto l’aspetto commerciale a spingere gli espositori a partecipare alla fiera, quanto il desiderio di uscire dal proprio laboratorio per cercare il contatto con un pubblico in grado di apprezzare il loro lavoro e la loro creatività, frutto di tradizioni che hanno radici secolari.
Allo stesso modo, chi visita la fiera non lo fa solo alla ricerca di qualcosa da acquistare, ma anche e soprattutto per vivere una bella esperienza e per respirare un’atmosfera unica.
Durante la fiera si possono acquistare tanti oggetti dell’artigianato locale, ma anche degustare vini e prodotti locali tipici, produzioni agroalimentari tipiche della Regione.
Insomma, che bella impressione mi hanno fatto i valdostani!
D’altronde chi pensa pulito e dimostra di saper cooperare, mette un altro piccolo tassello nel mondo e contribuisce a creare un mondo migliore.
Ho segnato in agenda di organizzarmi tra 30 e 31 gennaio, non voglio perdermi per nulla al mondo questa fiera ricca di tradizione e magia.
Chi viene?
Questo post fa parte della serie di articoli scritti per il progetto Folletto #pensapulito, per promuovere nella vita di tutti i giorni e nei rapporti tra le persone un comportamento corretto, etico, solidale, nel rispetto verso il prossimo e verso l’ambiente. Un modo di pensare pulito, che ci aiuti ad avere un mondo più simile a quello che vorremmo e a trasmettere questa esigenza anche ai nostri figli e alle nuove generazioni.
Se vi va di leggere i miei precedenti post sul #pensieropulito cliccate sui titoli che seguono!
La festa del papà 365 giorni l’anno!
Consigli di viaggio: valigia semivuota, mente aperta e pensiero pulito!
Il Pilates: il mio #pensieropulito per mente e corpo!