Una storia vera

di Francesca

Recentemente, in questo mio post di inizio febbraio, avevo raccontato di essere stata contattata da una persona molto vicina ai fatti accaduti nella casa di Cassolnovo, sul Ticino, dove io e la mia famiglia avevamo abitato per qualche anno prima di venderla e ritrasferirci in Venezuela. Nel 1988, infatti, mentre ci trovavamo a Isla Margarita, si verificò, proprio nella nostra ex casa uno dei sequestri e degli omicidi più cruenti e famosi delle nostre zone. Noi lo scoprimmo tramite una foto riportata sulla sbiadita copia del Corriere della Sera arrivata sull’isola, che mia madre riconobbe immediatamente. Un giorno di qualche mese fa, la persona di cui vi sto per parlare e che gentilmente mi ha autorizzata a pubblicare le sue lettere, cercando in Google notizie relative a “La Tana del Lupo” è arrivata a me e a Vivereperraccontarla. Leggendo i fatti accaduti, a distanza di ben 26 anni da allora, questa persona, questa giovane donna, ha sentito il desiderio non solo di condividere con me alcuni pensieri, ma anche di darmi un’immagine reale e più veritiera di suo padre, persona coinvolta nel delitto e da me descritta secondo quanto letto e riportato sui giornali dell’epoca. Ho da subito apprezzato il modo con cui si fosse rivolta a me, forse, almeno nella sua prima mail, comprensibilmente un po’ risentita, ma mai offensiva e sempre gentile, sentendo immediatamente il forte dolore provato da questa ragazza, che d’ora in poi chiamerò Martina. A voi, di seguito, il nostro scambio di mail.

Buongiorno Francesca, facendo delle ricerche sul web, inerenti alla Tana del Lupo di Cassolnovo, mi sono ritrovata a leggere un suo post di novembre.  Io mi chiamo Martina e sono la figlia della persona che cita nel suo racconto come “Denny”.  Purtroppo, la descrizione di mio papà, è un po’ lontana dalla realtà e, nonostante si sia macchiato di un reato molto grave, mi creda se le dico che la versione dei fatti e le colpe non sono da attribuire tutte a lui.  Però da fuori, vederlo come l’industrialotto che organizzava festini e sperperava denaro, era facile.  Dopo questa premessa, mi permetto di scriverle in quanto mi sono soffermata sul punto in cui descrive la sua visita nella villa, che a suo tempo era dei suoi genitori. Sono 25 anni che vorrei poter rientrare in quella che è stata anche casa mia, ma non c è mai stato modo. Purtroppo lì è dove ho trascorso la mia infanzia e seppur ogni volta che passo nei pressi della Tana del Lupo, avverto strane sensazioni, la curiosità di poter rientrare, è davvero più forte di quel che sembra.  Magari lei, potrebbe consigliarmi sul come procedere. So bene che la mia è una richiesta un po’ strana, ma non voglio lasciare nulla di intentato.  Ringraziandola anticipatamente anche solo per il tempo che ha dedicato alla lettura di questa mia mail, le porgo i miei piu cordiali saluti. Martina

Ricordo di aver letto questa mail una notte di fine gennaio e di aver sentito immediatamente una grandissima voglia di risponderle come segue:

Da: francesca@vivereperraccontarla.com
29 gennaio 2014

Gentilissima Martina,
qualsiasi cosa facciano i nostri genitori li perdoneremo sempre. Comprensibile che le mie parole l’abbiano ferita e mi dispiace sinceramente averlo fatto. Ho un’età che non mi permette di conoscere direttamente come siano andate le cose e come sia stato suo padre, per questo mi sono solo attenuta a riportare quanto letto nei giornali dell’epoca. Le sembrerà strano che le dica qualcosa del genere ma sono contenta mi abbia scritto. Mi piacerebbe molto che mi raccontasse la reale versione dei fatti, anche per correggere ciò che ho scritto di inesatto in merito a suo padre. Buonanotte, Francesca

Dopo qualche giorno:

Buonasera Francesca, innanzitutto, mi scuso per il ritardo nella risposta, ma ero in viaggio per lavoro, e ho avuto problemi di rete. La ringrazio per avermi scritto, e sono contenta di questo suo riscontro. Posso immaginare che le informazioni riportate nel suo articolo, le abbia potute ottenere soprattutto dai giornali, che si sa, spesso e volentieri descrivono i fatti, aggiungendo anche un po’ di fantasia, e dipingendo una persona basandosi solamente sugli errori da lei commessi; Erano anni che non trovavo notizie a riguardo, e quando mi sono imbattuta nel suo articolo, ero appena stata nei pressi di Cassolnovo/Villareale. È difficile descrivere la sensazione che ho provato e d’istinto le ho scritto quella mail, senza ragionarci neanche qualche minuto in più. Forse un po’ per rabbia, ma non direttamente nei suoi confronti Francesca, perchè , come ripeto, sono certa che qualsiasi persona che non abbia partecipato a tutti i retroscena, scriverebbe quello che legge, e quello che sente. Le persone del paese, d’altra parte, sono state ingiuste nei confronti di mio papà, quando lui si è sempre comportato nei migliori dei modi con tutti, descrivendolo come l’industrialotto che faceva festini e viaggiava su macchine di lusso. A quei tempi possedere abbastanza denaro da potersi permettersi una villa con piscina olimpionica, scuderie e personale di servizio, oltre che una bella auto, significava magari essere ladri, o persone corrotte. Posso garantirle che, tutto quello che aveva ottenuto mio padre, era stato frutto del suo onesto lavoro, era titolare di una grossa società, oltre che essere geometra ed architetto. I suoi ex dipendenti lo stimavano molto, come uomo e come datore di lavoro, non per altro, spesso e volentieri nei week-end erano ospiti a casa nostra. E’ difficile raccontarle nei minimi particolari quello che realmente è successo in quegli anni, io ero molto piccola, ma crescendo ho capito tante cose, oltre che scoprirne tante altre. Mio papà aveva tutto, purtroppo quello che possedeva faceva gola a molti, a partire dalla sua segretaria di fiducia, che è riuscita a sottrargli gran parte del patrimonio, scappando successivamente all’estero senza lasciare tracce. Il nostro giardiniere, cosa scoperta solo in seguito perché anche di lui si erano perse le tracce, una sera che la mia famiglia non era in casa, ha pensato bene di svaligiare tutto il complesso. Per finire una società con cui collaborava la società di mio padre ha creato un “buco” di milioni di lire. Fu così che mio padre entrò in depressione, non sapeva più di chi fidarsi, anche i suoi più cari amici sembravano volersi approfittare di lui e dei suoi lussi. Nello stesso periodo, ha avuto la sfortuna di conoscere Pino Sanzone, oggi ben noto boss malavitoso, che con l’inganno è riuscito ad ottenere la fiducia di mio padre, promettendogli di aiutarlo, nel recuperare i soldi persi. Difficile spiegare come e quando mio papà abbia deciso di far parte della banda, questo purtroppo non so spiegarlo. E’ stato un susseguirsi di eventi, forse nemmeno lui sapeva bene cosa stava facendo. Purtroppo non è riuscito a fermarsi in tempo. Quando ormai avevo un età che mi permettesse di sapere qualcosa in più, ho deciso di affrontarlo, volevo delle conferme, volevo capire perché avesse rovinato la sua vita e quella della sua famiglia, perché avesse anche solo pensato di rischiare in una cosa così brutta, quando potevamo benissimo andare avanti nella situazione economica in cui ci trovavamo. Mi sono posta tante domande negli anni, tante ancora me le pongo ora. Purtroppo non posso tornare a quegli anni nè a quei momenti. Mio papà è morto nel 1999. Solamente due anni dopo sarei diventata maggiorenne, e lui avrebbe ottenuto i permessi premio, per buona condotta e per aver collaborato con la giustizia. Il non aver collaborato a suo tempo, è stato forse un errore grande, il più grande ed irreparabile…Mi piace pensare che abbia scelto di tacere e di non collaborare per permettere a me e mia madre, con questo suo gesto, di andare avanti con le nostre vite, senza ritorsioni e cercando di dimenticare, ma se non altro libere e senza paura. Il fatto di non aver ammesso la sua innocenza nel rapimento e nell’uccisione di quel pover uomo, ha fatto sì che io e tutta la famiglia potessimo essere al sicuro da gente pronta a fargliela pagare, qualora avesse parlato. Ha preferito farsi condannare all’ergastolo, passare la sua vita in carcere, privandosi dei suoi affetti. Non ho avuto un’infanzia serena, per quanto fossi piccola, ricordo bene i nostri spostamenti continui e la protezione da parte della giustizia, sempre al nostro fianco. Certo è che non posso dire di averlo perdonato. Vivo di emozioni contrastanti, a volte subentra l’odio nei suoi confronti. Ho atteso per anni quel dannato 2001, anno in cui finalmente avrei potuto abbracciare mio papà senza doverlo fare solo di fronte ad estranei, al di fuori da quelle stanzette tristi del carcere. Ancora oggi non so se credere alla sua morte naturale, come il personale del carcere ci ha detto. Ma so per certo che nessuno potrà mai darmi una conferma di quello che immagino sia realmente accaduto all’interno di quelle mura. I veri colpevoli, d’altro canto, sono liberi. Non so bene se sia giusto che lei corregga il suo articolo. Certo, leggere cose brutte sul conto di quella persona speciale che per me era mio padre, fa molto male. Ma a distanza di anni, diciamo che ci ho fatto l’abitudine. Per quanto riguarda la casa invece, quando eravamo noi i proprietari, era tenuto in splendido stato. Ho foto che possono dimostrare quanto amore c’era nella cura del grande parco, dagli alberi piantati da sua madre. Chissà se anche il salice piangente, diventato poi il mio albero, è stato piantato da lei. Purtroppo, dopo l’arresto, non ci è stato più permesso di varcare l’ingresso, nemmeno per prendere i nostri oggetti personali ed è rimasto tutto lì. Ho chiesto più volte a mia mamma di accompagnarmi, di capire come entrare, perché lei meglio di me conosceva quella casa. Ma ho trovato sempre un muro tra noi due quando solo accennavo il discorso. E anche adesso che vivo a soli 30 km dalla Tana del Lupo, non vuole proprio accompagnarmi. Sono passata l’ultima volta lunedì scorso, fermandomi fuori dalle mura con la macchina, cercando di capire se fosse abitata, o ancora abbandonata, ma da fuori è impossibile constatarlo. Mi ha incuriosito leggere che lei con suo papà ed il suo ragazzo di allora fosse riuscita ad entrare, per questo nella mia mail le chiedevo un piccolo aiuto su come procedere. Volevo capire come avesse fatto, non essendoci io mai riuscita. Mi scuso per essermi dilungata e la ringrazio per aver ascoltato una perfetta estranea. La saluto, augurandole una buona serata. Martina

A quel punto, intenerita sinceramente dalle parole di questa ragazza dal karma tanto difficile, ho a mia volta risposto così:

Carissima Martina, credo di aver capito che siamo quasi coetanee e, sperando la cosa non ti dispiaccia, mi permetto di darti d’ora in poi del “tu”. Appari come una donna molto dolce e profonda, molto provata da una vita tutto fuorché facile. Capisco perfettamente cosa intendi sulle invidie e so anche che nelle piccole realtà, oggi come allora, è sempre molto facile venir messi in croce perché si possiede più di altri. Ci sono passata anche io e capisco perfettamente. Mi spiace tuo padre non ci sia più, anche il mio è mancato (nel 2005, avevo 25 anni). Mi spiace tu abbia dovuto vivere tanto dolore. Non ti conosco personalmente ma sento ed immagino che tu abbia sofferto davvero tanto. Vorrei che mi raccontassi più di tuo padre, se te la senti, vorrei anche correggere le cose inesatte che posso aver riportato su di lui nel mio post precedente. La tua mail è straziante e vera come mi sei sembrata tu. Vorrei poterla pubblicare così come me l’hai scritta, se me lo permetterai. Sento di dover e voler correggere il tiro su quanto scritto su tuo papà. Quanto alla casa non ho capito bene cosa tu mi stia domandando. Ci sono degli impedimenti ad entrarci?  Io ci sono stata nel 2001 e non ho avuto alcun problema ad entrare. Sarebbe bello provare a tornarci. Magari in primavera! Dici che sarebbe una follia tornarci insieme?!? Un bacio grande, spero di sentirti presto. Francesca

L’ultima mail di Martina è questa:

Ciao cara, ho riletto più volte la tua mail. Pur non conoscendomi, sei riuscita a capire che persona sono, e  purtroppo devo confermare di aver sofferto davvero tanto, nonostante la mia giovane età. Ho 30 anni, ma un bagaglio d’esperienza pari ad una donna di 40. La vita mi ha riservato tante prove difficili da superare e tante altre mi aspettano, ma con il tempo sono riuscita a diventare un pochino più forte e, ahimè, anche l’abitudine fa la sua parte. Diciamo pure che mi aspetto sempre il peggio, almeno non rischio di rimanere nuovamente delusa. Il fatto è accaduto nel 1988, io ero davvero molto piccola, avevo solo 5 anni e per quanto non mi rendessi conto della realtà in cui vivevo, ora, a distanza di anni, ricollegando varie scene, riesco a capire tante cose, che a quei tempi mi sarebbe stato impossibile comprendere. Ricordo perfettamente un incontro che avvenne tra mia mamma e l’avvocato di mio padre, in cui lui insisteva sul fatto che mio papà fosse innocente e dovesse testimoniare. Successivamente, nell’incontro che abitualmente capitava di domenica all’interno del penitenziario di Opera, ho un altro ricordo nitido di mia madre che implorava mio padre perché confessasse tutto. Fu in quell’occasione che lui le domandò: “Te la sentiresti di camminare con la bambina per mano e una pistola puntata sulla schiena?”. Da quel momento, mia mamma capì che mio papà doveva scontare una pena di cui non era completamente responsabile e pensare esclusivamente a me. Nello stesso periodo, un altro elemento che faceva parte della “ banda” era rinchiuso in un altro penitenziario e stava collaborando con la giustizia. Poco dopo, fu trasferito in un altro carcere, dove morì poco dopo per cause misteriose. Per quanto io mi domandi cosa realmente sarebbe accaduto se mio papà avesse ammesso la sua innocenza, non posso cambiare il corso degli eventi. Posso solo essergli grata di aver mantenuto il segreto per proteggerci. Ma quando ci penso, mi arrabbio davvero tanto. La prossima settimana ti invierò delle foto. Non ricordo di averne qualcuna all’interno della casa ma nel parco, ce ne sono davvero tante! Tra l’altro volevo raccontarti che ieri sera ho fatto altre ricerche e sono venuta a conoscenza di un libro, scritto da un inviato de “La Repubblica”, che si occupa di giustizia e cronaca nera. Il titolo è “Mala storie: il giallo e il nero della vita metropolitana“, in cui racconta proprio il delitto di Cassolnovo! Mi è preso letteralmente un colpo… Tanto silenzio per anni, e nel giro di un mese già 2 articoli! Ahhhh, ho letto il tuo blog, non tutti gli articoli, però mi piace cosi tanto come scrivi che a breve continuo la lettura! …Primavera è ormai vicina, io un pensierino a quella follia di cui mi parlavi, lo farei!Un abbraccio, Martina

Così vi ho raccontato questa nuova storia che a distanza di così tanti anni non avrei pensato di poter vivere. Martina ed io siamo rimaste in contatto, è una persona che stimo molto e nei confronti della quale ho sentito dal primo istante una grande empatia. Le colpe dei genitori non devono ricadere mai sui figli e le persone vanno conosciute profondamente prima di esprimere su di loro un giudizio superficiale. La primavera è alle porte e ogni promessa è debito, così che io e Martina tenteremo insieme di rientrare nella casa che fu prima della mia e poi della sua famiglia. Che eventi strani ti regala a volte la vita.

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