Una volta erano i viaggi, la bella macchina, la casa dei propri sogni.
Oggi i tempi sono cambiati e nella top 10 di cose da fare almeno una volta nella vita, per molti spesso e volentieri c’è il voler cenare in un ristorante stellato.
Il food ormai è moda, si sa.
E anche noi blogger dilaghiamo senza sosta, dividendoci in più categorie quando approcciamo il questo mondo: quelli che adorano cucinare e lo fanno davvero bene, quelli che cucinano così così ma fanno foto sensazionali, quelli che sanno fare entrambe le cose in modo perfetto e quelli che, come me, fanno del food una passione, un argomento da trattare sul blog, ma come meri amatori ed estimatori, senza, in verità, possedere grandissimi doti ai fornelli. Vivere per Raccontarla. Sempre.
Che si tratti di raccontare un viaggio, un’esperienza, un prodotto, una bella idea, esattamente come qualsiasi cosa sia stata in grado di emozionarmi.
Ecco.
Emozioni.
Un buon piatto può davvero emozionare.
Può prenderti per mano e portarti lontano, esattamente come un viaggio, un odore, una sensazione.
Può catapultarti indietro di anni e far riaffiorare un ricordo, può richiamare alla mente moltissimi istanti.
E quando uno Chef riesce in questo intento, quando è in grado di farti vivere un vero e proprio viaggio, allora basta, stellato o no, ha già compiuto un miracolo.
Conoscevo la cucina di Ilario Vinciguerra per sentito dire, da molti anni prima di provarla personalmente, ed erano altrettanti anni che mi ripromettevo di cenare nel suo ristorante.
Così, quando si era ormai già trasferito nell’attuale, bellissima, sede di Gallarate, ho colto la palla al balzo per prenotare un tavolo e, nel tempo, per tornarci di tanto in tanto.
Una delle tante cose che ho immediatamente molto apprezzato del suo ristorante è che, oltre alla bellezza del luogo e alla ricercatezza della sua cucina, vi si respiri sempre una bella atmosfera, intima, raccolta e, a tratti, persino familiare.
Pur essendo l’ambiente molto elegante, così come impeccabile il servizio, ci si sente come a casa e nessuno storce il naso se si arriva per un pranzo con i bambini al seguito. Pensate che anche gli amici a 4 zampe, se opportunamente segnalati in fase di prenotazione, sono sempre i benvenuti.
E poi non di rado è possibile scambiare anche due parole con Marika e con Ilario, persone deliziose e gradevolissime.
La splendida palazzina liberty di inizi Novecento che ospita il ristorante si presta, inoltre, anche all’organizzazione di eventi privati e Corporate.
Della cucina di Ilario Vinciguerra amo molto la sinergia tra tradizione e innovazione, che si ritrova, in perfetto equilibrio, in molti dei piatti che propone. Tradizione da un lato, con un occhio sempre rivolto all’italianità e alle materie prime che offre il nostro paese e innovazione dall’altro, con una ricerca costante verso combinazioni e risultati sempre nuovi e diversi.
“Una cucina sincera, di sensazioni immediate, tradizionale e insieme moderna”.
Poche settimane fa ho avuto il grande piacere di cenare nuovamente da lui, in occasione di un evento esclusivo voluto dallo Chef per raccontarsi attraverso i suoi piatti a blogger e giornalisti.
Ho potuto, così, vivere un vero e proprio viaggio nella sua cucina, portata dopo portata: sette piatti che in qualche modo rappresentano il suo percorso iniziato proprio nella cucina di Don Alfonso Iaccarino, proseguito nelle cucine di mezzo mondo e, infine, approdato nel Varesotto.
Sette proposte che hanno raccontato la continua ricerca dello Chef, conclusosi con un piatto inedito a sorpresa, a cui abbiamo dato il nome proprio noi ospiti della serata.
Dopo essere stati accolti con un aperitivo in giardino, degustando deliziose pizzette fritte e panzerotti alla ricotta di bufala, la cena ha avuto inizio con le famosissime Mozzy Bag inventate proprio dallo Chef Vinciguerra, ovvero le borsette a cui nessuna donna dovrebbe rinunciare per nulla al mondo.
Cosa sono le Mozzy Bag?
Una delle più recenti e originali invenzioni dello Chef, delle mozzarelline con un incavo centrale, che permette di farcirle come si desidera. Quelle proposte durante la serata erano state sapientemente abbinate con melanzane arrostite, baccalà e caviale e, le mie preferite, con scarola saltata.
Profumo
A seguire una vera e propria esperienza in grado di coinvolgere tutti i sensi: “Profumo”: una freschissima tartare di gamberi rossi, aromatica e delicata allo stesso tempo e accompagnata da un bicchierino di gin tonic.
L’Isola che non c’è
Un piatto divertente e molto particolare, nato ai tempi in cui lo Chef, comprata da poco la macchina per fare lo zucchero filato, iniziò a chiedersi che altro potersene fare.
L’Isola che non c’è propone un impalpabile e sofficissimo zucchero filato, accompagnato con ingredienti diversi e di differenti consistenze: touile di Grana, arachidi salati, pomodoro candito, basilico, gelatina di aceto e olio Evo, ingrediente fondamentale della cucina dello Chef.
Un ritorno all’infanzia, ad una passeggiata in mezzo al parco, con le mani tutte impiastricciate di zucchero, abbinato però, con ingredienti semplici e allo stesso tempo particolarissimi, se pensati insieme allo zucchero filato.
L’uovo cotto a bassa temperatura, fonduta di San Marzano e aria di Grana Padano
Anche questo piatto nasce da un ricordo.
Quello di nottate a fine servizio e a cucina ormai chiusa, con qualche ingrediente facile e veloce, che tutti, bene o male, abbiamo sempre in cucina.
Uova e salsa di pomodoro, un piatto semplice eppure gustosissimo, che ho subito provato, a modo mio, a ricreare a casa nei giorni successivi. Certo, io mi sono limitata a uova e pomodoro, ma l’uovo dello Chef, come sempre, era il giusto mix di semplicità e ricercatezza, arricchito da aria di grana padano, ciccioli e casatiello.
Parmigiana nella melanzana
La avevo assaggiata per la prima volta il giorno del mio ultimo compleanno e me ne ero innamorata. Si tratta di un piatto che richiama i gusti mediterranei che caratterizzano la cucina di Ilario Vinciguerra. Ma scordatevi, nonostante il nome, una melanzana fatta a strati. Nel piatto una melanzana intera, di quelle strette e lunghe. Uno scrigno di melanzana con all’interno salsa al pomodoro, mozzarella, basilico e grana, successivamente panata con la polvere della buccia della melanzana stessa.
Assolutamente da provare!
Il Risolio
Eccoci arrivati al quinto piatto: un risotto mantecato esclusivamente con olio evo, arricchito con purea di mele annurche e una spolverata di capperi disidratati di Pantelleria.
Polpo fritto e il suo brodo
Per una grande amante del polpo come me, il penultimo piatto è stata una sorpresa molto gradita: polpo cotto a bassa temperatura e poi fritto nella tempura con pane panko, servito con il suo brodo di cottura in una tazzina a parte
Infine un piatto a vedersi delizioso, ma che io non ho assaggiato (non solo perché dopo 6 portate dallo Chef Vinciguerra ti senti come se avessi partecipato a un pranzo rinascimentale, ma anche perché non mangio carne): “Porca Eva (che buono)”, l’esclamazione del commensale che assaggia per la prima volta la costina di maiale marinata per 36 ore in soia, zenzero e succo di prugna. Successivamente cotta alla brace e servita con una patata schiacciata.
Il nome lo abbiamo coniato proprio noi ospiti a fine serata!
Questo piatto a sorpresa riassume il percorso di Ilario, dalle sue origini (le costine di maiale mangiate da bimbo) fino all’evoluzione che passa attraverso la cottura a bassa temperatura, abbinata a una tecnica di alto livello con l’utilizzo di materie prime risultato del cammino di Ilario.
E per finire uno dei mille motivi per cui adoro cenare nel ristorante di Ilario Vinciguerra: i dolci!!!!
Oro di Napoli
Rivisitazione della pastiera napoletana avvolta in una gelatina di Oro di Napoli e servita su un biscotto di pasta frolla.
Da mangiare in un sol boccone.
Savarin
Impasto del babà con l’aggiunta di crema pasticcera e pomodorini canditi
Creme brulèe alla fava di Tonka
Dessert realizzato con la fava di Tonka in ricordo della nostra esperienza in Francia
A proposito di pastiera, non perdetevi la sua pastiera napoletana tradizionale.
Pasqua si avvicina e io devo assolutamente ricordarmi di ordinare allo Chef sia la colomba che la pastiera, perché le sue meritano davvero tanto!
A proposito di Pasqua vi invito a scoprire il menu proposto (clicca QUI) per quel giorno dallo Chef!
E niente….a noi amanti del buon cibo e del buon vino, per essere felici e sentirci appagati basta poco. Pilates e nutrizionista fanno indubbiamente miracoli, ma se ti piace mangiare, se nelle tue vene scorre, allo stesso tempo, sangue emiliano, napoletano, milanese e abruzzese e hai mosso i primi passi nei ristoranti di famiglia infilarsi in una taglia 42 è un’impresa ardua.
Ho avuto la grande fortuna di poter viaggiare molto, ho frequentato ottimi ristoranti sin da bambina e poi, aspetto secondo me non meno rilevante, ho un critico gastronomico come zio e, anche grazie a lui, ho sempre conosciuto e frequentato il mondo del food, ancora prima che questo settore diventasse così popolare, frequentato e conosciuto.
Ecco, la cucina di Ilario mi ricorda proprio quei tempi, i bei tempi in cui oltre alla fama, alla notorietà, alle mode, c’erano ancora la tradizione e la sostanza.
Qualità che nella sua cucina e nei piatti dello Chef Ilario Vinciguerra non mancano proprio mai.
Ilario Vinciguerra Restaurant
Via Roma, 1 – 21013 Gallarate (VA)
(ingresso auto Via Tenconi, 3)
T +39 0331 791597