Il Paese, l’isola, stavano cambiando faccia. Erano ancora famose e frequentate mete turistiche ma tanti aspetti lasciavano intendere che ci si stesse…
storia di Francesca Guatteri
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Vestita con un abitino di seta a fiori lei, e con un improbabile completino beige con tanto di maglietta slacciata fino all’ombelico lui (roba che nemmeno Don Johnson nelle vesti di Sonny Crockett), il 15 settembre 1977 i miei genitori convolarono a nozze, davanti ad un ufficiale civile in un albergo a Santo Domingo, con mia nonna come testimone.
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Mia madre atterrò sull’isola una sera di fine giugno, carica di bagagli e con mio fratello di nemmeno sei mesi tra le braccia.
L’isola era profondamente cambiata rispetto a come ricordava di averla vista in occasione di uno dei viaggi fatti con i suoi genitori negli anni precedenti. A Porlamar, al posto della foresta, erano nate moltissime strade asfaltate e piene zeppe di negozi. -
Com’era Isla Margarita nei primi anni 60
L’Avenida Santiago Mariño era allora una lunga strada dove esistevano soltanto “El Chipi“, un capanno di vecchie lamiere, unico solitario ristorante della strada, l’Hotel Bellavista ed un negozietto che vendeva carosene per cucine. Al di là di queste tre testimonianze di presenza umana e civiltà, il resto della strada e il resto di Porlamar era dominato dalla foresta.
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Quinta Manila, la casa di Prados del Este
Subito dopo il terremoto del ’67, i miei nonni avevano comprato quinta Manila nella zona di Prados del Este, una grande casa coloniale in stile spagnolo, anni luce dall’essenzialità di Waikiki. Quinta Manila è la sola casa di Caracas che io abbia mai visto con i miei occhi e non soltanto in fotografia e la sola nella quale io abbia trascorso molti momenti della mia infanzia e della mia giovinezza.
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Gli aperitivi a quinta Japayumar e le nuove amicizie venezuelane.
Dopo un primo iniziale periodo di assestamento, mia nonna iniziò ad assecondare la sua natura mondana e la sua innata predisposizione per le pubbliche relazioni, cominciando a coinvolgere il vicinato in aperitivi serali a Quinta Japayumar. -
Un amore più forte della distanza.
Nonostante la lontananza e le ovvie difficoltà comunicative di allora, nemmeno arrivato in Venezuela Tony era riuscito a togliersela dalla mente. -
Come inizia la nostra storia in Venezuela.
Spesso mi si chiede che tipo di legame io abbia con il Venezuela.
Senz’ombra di dubbio mi sento venezuelana al 100%, per nascita, mentalità ed imprinting, ma nelle mie vene scorre solo e soltanto sangue italiano. Per essere precisa nei miei geni c’è un po’ di tutto: Emilia e Lombardia da parte di padre, Lazio/Campania e Abruzzo da parte di madre.