Suona la sveglia alle 8.30, so che posso rimandarla di 10 minuti per due volte, apro gli occhi, stendo i miei arti ancora addormentati e mi stiracchio, mi do la spinta che mi porta fuori dal letto e finalmente mi alzo.
D’istinto prendo il telefono e mentre scendo le scale e mi dirigo verso il bagno, apro in sequenza Whatsapp, Facebook, Twitter e Instagram, e so già che cosa mi aspetta…
Mio cugino da Punto Fijo mi racconta che durante le ultime manifestazioni in città, i detenuti da parte della GNB (Guardia Nazionale Bolivariana) sono almeno 38.
38 persone che manifestavano pacificamente, senza armi, e tra loro, un ragazzo di 17 anni, autistico…
L’amica di una vita intera mi racconta che si è svegliata a pezzi, si chiede fino a quando dovranno convivere con quella sottospecie di governo. Mi dice che non ricorda neanche quella che era la sua qualità di vita appena qualche tempo fa, mi dice che ringrazia Dio per il cibo che riesce a procurarsi per lei e la sua famiglia, ma che non riesce a dormire pensando a tutte le persone malnutrite che conosce, e a quelle che non conosce, a quelle che soffrono negli ospedali senza cure e senza medicine, alle famiglie che piangono i morti ammazzati per strada.
Mi dice che non è uscita a marciare, e per questo si sente uno schifo, perché ha paura, pensa che tutti i genitori dovrebbero uscire per le strade a difendere il futuro dei loro figli, quei figli che non hanno conosciuto il Venezuela amabile e prospero della nostra infanzia, mi dice che si sente morire dalla tristezza, che si sente morire dentro…
Ed in un solo istante mi sento morire anch’io, ma devo contenere le lacrime, uscire e continuare a vivere la mia vita, perché non posso fermarla, anche se lo vorrei, perché è come se mi sentissi in colpa, è una sensazione difficile da spiegare.
Un’amica d’infanzia, mi chiede di raccontare che è da troppo tempo che la gente in Venezuela viene privata del diritto di essere liberamente informata attraverso la televisione, che li reprimono duramente per le strade e nulla di tutto questo viene trasmesso in TV, mi dice che arrestano ingiustamente persone innocenti, che vengono poi sottoposte a terribili torture. Mi dice che negli ultimi giorni anche internet è molto, molto lenta, che non riescono a caricare ed aprire i video che documentano la repressione, che il governo li minaccia in maniera costante e crescente, e che è terribile che il mondo non ne sia al corrente!
Mi racconta che la gente è in strada, ogni giorno a lottare per la libertà.
Mi dice che non tutti se ne possono andare, che non tutti hanno un piano B, e che lei ha solo quello, quello che è rimasto del suo paese. Mi dice disperatamente: “Cono diffondilo, diffondete tutte le informazioni che potete, siete la nostra finestra sul mondo.”
Ed è così che non mi accorgo nemmeno se c’è stato il sole o è piovuto, se ho messo lo stesso maglione per due giorni consecutivi, è così che non m’importa se non ho ancora riempito il modulo delle tasse per la spazzatura, se non ho fatto il bonifico per la bolletta dell’acqua scaduta, se appaio distratto nell’ascoltare le frivolezze che mi racconta la gente.
La dittatura ti toglie i tuoi diritti, ti toglie il cibo e la salute, ti toglie la dignità, ti toglie la libertà.
La dittatura ti soffoca, ti censura, ti reprime, t’imprigiona, ti tortura e ti uccide.
La dittatura cancella, cancella i tuoi ricordi, cancella la tua vita.
Anche il silenzio uccide, uccide e cancella, l’indifferenza uccide, uccide e cancella, ma io sono qui per gridare, a squarciagola e fino a rimanere senza fiato.
Il mondo è cieco, il mondo è sordo, il mondo è muto. Il mondo è silente, è indifferente, il mondo è vuoto, è morto.
Ma il Venezuela non morirà. No, non morirà.