Il Colibrì

di Cono

 

Grazie come sempre alla meravigliosa squadra pro-Venezuela che in modo del tutto spontaneo è venuta a crearsi, per ora solo virtualmente, dallo scorso febbraio ad oggi.

Grazie ad ognuno di voi per ogni piccolo granello di sabbia che avete portato per poter salvare e ricostruire il nostro Paese.

Grazie a chi non si è arreso e non ha mai smesso di voler apportare il proprio contributo a questa battaglia ideologica, anche solo volendo diffondere notizie e far sapere al mondo cosa stesse accadendo (e purtroppo continui a verificarsi) in Venezuela.

Un grazie infinito a chi ogni giorno ci segnala pezzi che meritano di essere pubblicati e a chi li ha sempre tradotti, come, ad esempio, Odilia fa da molti mesi.
Grazie ad ognuno di voi, piccoli colibrí pieni di energie.

Grazie a Cono che, oltre a regalarci tanti deliziosi pezzi di suo pugno, oggi ha dedicato tempo alla traduzione del bellissimo articolo che segue.

IL COLIBRÍ
Di: Laureano Marquez
Tradotto da: Cono Carrano

C’è una favola che racconta la storia di un incendio nella foresta.

Tutti gli animali fuggivano terrorizzati; anche l’immenso elefante correva in tutta fretta nella direzione contraria alle fiamme.

La scimmia, come Tarzan, saltava di albero in albero aggrappandosi alle liane.

Avendo una migliore vista panoramica, ad un tratto vide un piccolo colibrì che volava verso un lago vicino, raccoglieva l’acqua che poteva con il suo piccolo becco e ritornava verso l’incendio.

In uno di quei viaggi di ritorno, la scimmia lo fermò per rimproverarlo del suo strano comportamento:

– Senti un po’, pezzo di colibrì… Tu credi che, con quel pochettino di acqua che riesci a trasportare con il tuo minuscolo becco, tu possa spegnere l’incendio nella foresta?

Ed il colibrì rispose (non so bene come sia riuscito a parlare con il becco pieno di acqua ma la favola è così):

– E’ vero; forse non potrò spegnere l’incendio, ma l’unica scelta che ho è compiere il mio dovere.

Il Venezuela vive uno dei momenti più tristi della sua storia; la similitudine con l’incendio gli si addice.

Il nostro, per giunta, è doloso, con premeditazione e malafede.

Oltretutto gli incendiari accusano gli animali di far parte di una “guerra di piromania” in puro stile orwelliano*.

Sicuramente Boves** non capì, in un altro nefasto anno 14, che stava distruggendo l’incipiente civiltà venezuelana.

L’immagine che abbiamo a volte della nostra patria è quella di una nazione che sopravvive nonostante i molteplici fattori distruttivi che ha dovuto affrontare.

Ci sentiamo, come diceva Cabrujas***, come se il Venezuela dovesse essere ancora fondato; sentiamo di meritare un destino migliore; che siamo discendenti di Gallegos****, che ancora “ama, soffre e spera“; che valiamo la pena; che solo la cultura può salvarci, perché chi ha detto “un popolo ignorante è lo strumento cieco della propria distruzione” sapeva di che cosa parlava.

In mezzo a tutta questa storia di fondi per lo sviluppo, di crisi permanente, di corruzione, indolenza, autoritarismo e morte, il Venezuela è progredito e progredirà.

Nonostante i governi, i cattivi condottieri e i banditi di ogni genere, vediamo la nostra bella anima e sappiamo che l’incendio perderà forza un giorno perché ci sono migliaia di colibrì, molti di loro in anonimato, a svolgere il loro lavoro.

Sono gli eroi dell’edificazione dell’idea del Venezuela che meritiamo, che non vanno in giro a fare grandi discorsi né ricoprono grandi cariche, ma grazie a loro, ogni volta che il sole sorge nella nostra bella terra, siamo un paese migliore: quel medico che, senza medicine e con la sola forza del suo animo salva la vita di una persona in un ospedale; l’agricoltore che continua a seminare caffè che qualcuno libero berrà; l’ufficiale che non ha rubato quello che poteva rubare e grazie al quale qualcuno ha trovato un medicinale potendosi salvare dalla morte; quella vicina che in un quartiere popolare condivide lo zucchero con un altra persona rendendo meno amara la sua sofferenza; quel bambino che, nonostante frequenti una scuola precaria, riuscirà ad andare avanti e diventerà bravo al punto di scrivere poemi che ci faranno piangere; quel giudice che, nonostante le pressioni, ha deciso di fare giustizia e ha salvato le speranze di un brav’uomo; quello che non si è venduto; quello che non ha negoziato il destino del Venezuela; quello che non ha rubato del denaro che poteva rubare; e tutti quelli che, nel mezzo bel mezzo della lotta tra la civiltà e quella barbarie che Gallegos considerava atavica nel nostro destino, hanno preso partito per la civiltà, per il rispetto dell’altro, per la democrazia, per il lavoro onesto; quello che ha continuato ad essere professore in un’università accerchiata e mal pagata; quello che ha tirato su una famiglia vendendo ‘chicha’*****.

Questo incendio non cesserà.

La verità è che, con tutte le limitazioni, l’unico periodo di progresso, civile, sostenuto, che ha avuto questo paese è quello che cominciò nel 1958 con il patto di Punto Fijo******.

Un breve periodo nel quale tutte le fiamme dell’incendio di questo paese sono state sotto controllo.

Qualcuno ha preteso di spegnere il fuoco con la benzina ed è così che siamo arrivati a questa tragica congiuntura.

Ci si sente tristi, disperati, impotenti…
Ma, in mezzo a tutto questo disastro, si può sempre scegliere tra l’impugnare un lanciafiamme od essere un colibrì.

* Orwelliano: “Dello scrittore e saggista inglese George Orwell e della sua opera”
– “Relativo al lugubre clima di autoritarismo e oppressione che caratterizza la società descritta da Orwell, spec. nel romanzo 1984”
– “Relativo alla denuncia delle degenerazioni del totalitarismo comunista sovietico”

** Boves José Tomás: Guerrigliero ispano-americano (Gijón, Asturie, 1782 – Urica 1814); “il suo vero cognome era Rodríguez. Espulso dalla marina reale, si diede alla pirateria e nel 1810 si arruolò nelle truppe spagnole in lotta contro gli insorti venezolani, divenendo un feroce capo di llaneros (indigeni filospagnoli). Conseguì la splendida vittoria di La Puerta (15 giugno 1814); ma a Maturín riportò ferite mortali.”

*** José Ignacio Cabrujas: (Caracas 1937 – Porlamar, Isla de Margarita, 1995); “è stato drammaturgo di rilievo, direttore di teatro, attore, cronista, scrittore di telenovelas, autore di copioni cimematografici, moderatore di programmi radiofonici, umanista e disegnatore di campagne politiche. Venezuelano. E’ considerato uno dei rinnovatori del genere di telenovelas e in tutta l’America Latina viene chiamato il “Maestro delle telenovelas”.”

**** Rómulo Gallegos Freire: (Caracas, 2 agosto 1884 – Caracas, 7 aprile 1969) “è stato un politico e scrittore venezuelano.
“È stato Presidente del Venezuela dal 17 febbraio al 24 novembre 1948. A lui è dedicato l’omonimo premio letterario istituito dal governo venezuelano nel 1964.”

***** Chicha: “Nelle Ande del Venezuela, si prepara una bevanda conosciuta come chicha andina per differenziarla dalla sua omonima analcolica, la chicha criolla. È una bevanda viscosa a base di cereali (mais o orzo), con aggiunta di guarapo d’ananas che è una bevanda prodotta dalla fermentazione della buccia dell’ananas con acqua e zucchero. La chicha si produce generalmente in forma artigianale e casereccia. La sua preparazione ha origine negli stati andini del Venezuela con maggior enfasi in Tachira e Merida.”

****** Il Patto di Punto Fijo: “Dal 1958 all’avvento di Chavez, in Venezuela la politica era condizionata dal Patto di Punto Fijo, grazie al quale due partiti (Accion Democratica e COPEI, analoghe ai nostri centrosinistra e centrodestra), liberali di fatto si spartirono- attraverso l’alternanza di governo- la Quarta Repubblica, con l’obiettivo di evitare nuovi golpe e l’avvento di forze marxiste.”

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