Grazie come sempre al mio amico Cono Carrano per avermi fatto dono di questi suoi preziosi ricordi. Ricordo come se fosse ieri i disordini del Caracazo e la paura di quei momenti. Come per Cono, anche per me, il 1989 segnò la fine della mia vita in Venezuela.
I Ricordi di Cono – La parroquia San Juan, Rocco e il Caracazo.
Di Cono Carrano
《Nel 1989 io avevo 14 anni e in quello stesso anno, 7 giorni dopo il mio compleanno, il 27 febbraio scoppiò – Il Caracazo – !
Una serie di forti proteste e disordini iniziarono quella mattina nella città di Guarenas, sita a pochi chilometri da Caracas.
Nella capitale, la mia città, dinanzi agli aumenti del 30% dei prezzi della benzina, l’incremento di un altro 30% del trasporto pubblico urbano e inter urbano e una serie di misure economiche e sociali imposte dal governo di Carlos Andres Perez, l’allora presidente del paese, fece sì, che in un brevissimo lasso di tempo la situazione precipitasse.
Quella che cominciò come una protesta pacifica, finì per diventare una violenta sommossa popolare, che nell’arco del pomeriggio scoppiò in una guerra civile, una guerra che vedeva i meno abbienti, stremati, esasperati e affamati, affrontare le forze dell’ordine con tutta la rabbia che avevano accumulato in corpo.
Polizia e guardia nazionale avevano il compito di sedare la violenza, ma il risultato purtroppo fu un disastro senza precedenti… 900 botteghe, 131 generi alimentari, 95 ferramenta, 62 cartolerie e 850 negozi di merce generica saccheggiati, 154 incendi, 2000 desaparecidos, cifre ufficiali di 400 morti, e cifre non ufficiali che di morti ne contavano tra i 2000 e i 3500!
Questo il terribile inventario degli orrori del ‘sacudon’, lo scossone che prepotente e feroce, entrò a far parte della storia moderna venezuelana.
Il governo dichiarò il coprifuoco, militarizzò le principali città del paese e schiacciò proteste e protestanti con una violenza inaudita e smisurata.
Anche nella Parroquia San Juan, il mio quartiere, zona popolare dell’ovest di Caracas, tutti e dico tutti i negozi furono saccheggiati, tutti ad eccezione di uno, la ‘Panaderia Flor de San Juan’.
Il panificio ‘Fiore di San Juan’, era gestito in società da Rocco Carrano e due dei suoi cognati, due fratelli che avevano sposato due delle sorelle preferite di Rocco.
Antonietta, Nicola, Assunta, Santino e Rocco, fuggivano da un’Italia povera e senza opportunità, e come nei migliore dei racconti che si rispetti, partirono in nave in direzione delle Americhe, oltrepassarono l’oceano alla volta del nuovo mondo, e ognuno portò con se una valigia piena di sogni, assieme a dubbi, paure e vestiti.
Verso il Venezuela in cerca di fortuna, quella fortuna che la guerra e una terra meravigliosa ma depressa aveva negato loro. Non andarono negli Stati Uniti d’America come fece loro padre, ma l’America la trovarono comunque, in una versione più selvaggia e rigogliosa, un paese che sbocciava selvatico e lussureggiante come il suo fiore nazionale, l’orchidea.
Nella Parroquia San Juan, orde inferocite di persone miravano un negozio e vi si precipitavano con spranghe, piedi di porco e strumenti di fortuna, si abbattevano sulle saracinesche, e una volta aperte come scatolette di tonno, entravano negli esercizi e ci uscivano lasciandoci solo i muri.
Io e la mia famiglia, barricati in casa, guardavamo sbirciando con estrema cautela dalle finestre dei vicini che davano sulla strada.
Le finestre, i balconi e le terrazze diventarono i nostri schermi su quelle strade familiari ma in guerra, sulla nostra città che da gentile diventò ostile, trasformandosi dalla notte alla mattina in un campo di battaglia urbana, dove l’isteria collettiva s’impossessava delle menti come i virus fantascientifici s’impadroniscono dei corpi nel più famoso dei film sugli zombie.
Dalla nostra strada si alzò improvvisamente una voce dalla folla e gridò: ‘ahora le toca a la panaderia, a la panaderia!’, ‘ora tocca al panificio, al panificio!’.
Molto probabilmente quest’ordine proveniva dalla bocca di un forestiero, uno che del quartiere non era e che quasi sicuramente era sceso dal ‘Cerro del Guarataro’, il ‘barrio’ fatto di povera gente, di case misere e vite precarie che guardava dall’alto le spalle della Parroquia.
In risposta altre voci si alzarono, e più di una volta si udì echeggiare lo stesso urlo: ‘NO! La panaderia de Rocco NO! La panaderia de Rocco no se toca!’, ‘NO! Il panificio di Rocco NO! Il panificio di Rocco non si tocca!
Ricordo ancora quelle grida, le sento ancora, ne sento l’eco dentro alle mie memorie, come sento ancora il peso e la grandezza di quel gesto, quel gesto di protezione e difesa estrema, di affetto e amore incondizionato.
Come una leonessa protegge con le unghie e con i denti i suoi cuccioli, così San Juan protesse Rocco dal male della città.
Solo allora capii quanto Rocco Carrano era di San Juan e quanto San Juan era di Rocco Carrano, solo allora capii quanto viscerale era quell’amore, quell’amore folle, folle, folle per quella terra, per quella gente, che inevitabilmente mi inquinò vene, anima e cuore.
Per quel veleno non c’è antidoto e come Rocco Carrano, io sarò per sempre innamorato follemente di quella terra e di quella gente!》