Diario di una quarantena dall’ospedale – 10 aprile 2020

di Francesca

Milano, 10 aprile 2020

Quarantena e…Diabete mellito di tipo 1: Giorno 7

È stata la notte più lunga e dura da quando sono qui.

E io che pensavo che la prima fosse stata la peggiore della mia vita in assoluto.

Forse la seconda, la prima sicuramente lo era stata quando erano nate loro ed erano state portate in terapia intensiva senza quasi che le vedessi.

Niente sonno e mi sento a pezzi.

Questa volta non per il letto scomodo o i neonati urlanti, ma per il peso sul cuore e in mezzo allo stomaco, che tutto ad un tratto sono arrivati fortissimi ieri sera, dopo giorni di apparente serenità.

Ho imparato che la vita è così: imprevedibile e incontrollabile e, forse, è proprio questo a renderla bellissima.

E allo stesso modo ho imparato che dopo i temporali torna il sereno, che anche i più grandi dolori lasciano spazio a ricordi felici, che dentro di noi sappiamo conservare il meglio perché non c’è spazio per tutto.

Ho imparato che quando arrivano le sberle della vita a nulla serve provare a contrastarle, chiedersi perché proprio a noi o restare lì, feriti, a rimuginare.

Ho imparato che non sono per sempre e che prima ti rimetti in piedi e prima tornano ad essere carezze.

E così mi sto lasciando attraversare, investire, da questo dolore che non vi riesco a spiegare. Un dolore perenne che mi da’ picchi, come la glicemia.

E dopo una settimana a tirare su tutta la famiglia a distanza, a dire che, come sempre, ce la faremo e che tutto si supera, stanotte ho affrontato la tempesta da sola, test della glicemia dopo test (mezzanotte, tre, sei, otto), terrorizzate entrambe dal fatto
che, se fosse scesa, l’esame del glucagone (che già il nome è un programma) da fare stamattina (siamo in attesa e lei a digiuno, quindi non vi dico il clima generale) sarebbe saltato e il nostro ritorno a casa rimandato ulteriormente.

Lei che dice a me di non piangere anche se il rubinetto della manina si è otturato e dovranno farle altri buchi e lei li odia ha del surreale. Però mi fa ridere quindi mi passa tutto.

Non vedo Giulia e Gigi da una settimana e mi mancano.

Lui, poi, si sente pure peggio di me a non essere qui con noi.

Mia madre scalpita e stare a casa le pesa.
Ma così è.

Oltre alla bufera qui dentro, c’è una pandemia là fuori.

Io non lo so perché in un momento così doloroso, così personale, ho sentito tanto bisogno di condividere.

Odio le vittime, oltretutto.

Forse perché affrontare tutto stando qui sola fisicamente con il mondo, anche il mio, fuori è quanto di più difficile potessi immaginare.

Forse perché a modo mio l’ho sempre fatto.

Forse perché sento che molti di voi ci sono, con il cuore, con i pensieri e ne ho egoisticamente bisogno.

Forse perché penso sempre a come trasformare il dolore in esperienza e spero un giorno di poter aiutare chi ci passerà dopo di me.

Forse perché tutto fa meno male se condiviso.

E mi scuso se sono una rompipalle monotematica ma va così in questi giorni.
Torneremo a scherzare, ridere, brindare e a vivere prestissimo.
Ma intanto un grande grazie a voi.

 

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