Le prime tre persone assassinate durante le proteste di quel fatidico 12 febbraio, primo giorno di proteste tuttora in atto, risultanno essere in qualche modo collegate tra loro da uno strano filo invisibile.
Alejandro Bassil da Costa, Juan Montoya e Roberto José Redman non si conoscevano, ma tutti e tre sono stati assassinati in una strada del loro paese, dopo essere stati feriti da armi da fuoco, nel pieno delle proteste appena insorte contro il regime.
La mattina del 12 febbraio, infatti, Bassil era stato il primo studente brutalmente ucciso dalle forze militari, inaugurando purtroppo una lista infinita di vittime, tra morti, feriti, arrestati, torturati e dispersi, della repressione messa in atto dal Governo quel giorno, ancora oggi molto attiva.
Bassil e José erano due giovani studenti scesi in piazza a manifestare per un futuro migliore.
Per loro e per tutto il popolo venezuelano.
Di Juan Montoya, detto “Juancho”, si sa meno. Non era uno studente ma il coordinatore dei colectivos popolari morto per mano di funzionari del Sebin, come avrebbe raccontato poco ore dopo la sua morte un testimone.
Quella stessa mattina Da Costa ed altri studenti erano stati aggrediti da alcuni uomini con pantaloni blu e giacche nere che avevano iniziato a sparare contro i manifestanti.
Uno sparo alla testa di Bassil, nonostante l’immediato soccorso da parte di amici e testimoni, ha spezzato la sua vita a soli 24 anni.
José Roberto Redman si trovava tra i manifestanti a pochi metri da Bassil, quando gli hanno sparato.
Ha visto Bassil con il viso ricoperto di sangue cadere a terra ed è corso in quella direzione per soccorrere il giovane, dando una mano a trasportarlo fino all’ospedale più vicino.
Poco dopo Redman aveva scritto in Twitter: “Ho caricato il ragazzo che è morto, poco fa avevo le braccia sporche del suo sangue, ma ora sono a casa”.
Una volta a casa, però, aveva deciso di tornare in strada ed unirsi nuovamente alle proteste in atto a Chacao, il suo quartiere.
In un ultimo messaggio su Twitter aveva scritto di essere stato ferito da perdigones al braccio. Poi più nulla, ucciso anche lui da un proiettile alla testa.
Le strane coincidenze che si sono realizzate quel giorno sembrerebbero non convincere nessuno.
A quanto pare, infatti, Redman è stato giustiziato, perchè qualcuno afferma che avesse visto chiaramente in faccia l’assassino di Da Costa.
L’altro laccio difficile da spiegare è quello che lega la morte di Da Costa a quella di Montoya.
Oggi, infatti, un’accurata indagine avrebbe confermato che Alejandro Bassil da Costa e Juan Montoya, siano stati uccisi dallo stesso funzionario del Sebin (Servicio Bolivariano de Inteligencia Nacional) e con la stessa arma.
È risultato, infatti, che l’assassino di entrambi sia stato José Ramón Perdomo Camacho, di 42 anni, identificato come funzionario del Sebin.
Secondo un documento del dipartimento di Investigazioni scientifiche e criminali, i proiettili che hanno ucciso Montoya e Da Costa sono usciti dalla stessa pistola, una Beretta calibro 9 m.m., modello 92FS, numero seriale F06136Z, assegnata a Perdomo Camacho, attualmente detenuto
A tal proposito penso sia normale ipotizzare che l’uomo sia stato detenuto per aver ucciso anche un coordinatore di colectivos.
State certi che il “semplice” assassinio di uno studente non avrebbe richiesto indagini ed il suo artefice sarebbe rimasto ovviamente impunito.