Grazie come sempre alla meravigliosa Odilia Quattrini per il suo impegno quotidiano e per il grandissimo lavoro che ha fatto nel trasformare in uno scritto questo video.
Un grazie grandissimo anche a Cono che, come spiega Odilia di seguito, ci ha segnalato questo importante filmato (che vi consiglierei di guardare prima o durante la seguente lettura).
Un abbraccio a entrambi e a voi il post di Odilia:
Oggi, il nostro amico Cono, ha segnalato a me e a Francesca un video che ci ha toccati moltissimo.
Provo a trascrivervi il contenuto perché solo così capirete la portata del problema venezuelano.
Vi prego soltanto di avere la pazienza di leggere questa lunga traduzione, perché così capirete meglio le ragioni che hanno dato origine alle proteste di strada.
Nel video appaiono diversi cittadini presi a caso, cittadini che sono stati costretti ad abbandonare il Venezuela per svariate ragioni, e in modo alternato, ciascuno di loro, narra problematiche che si vivono giorno dopo giorno nella nostra terra.
“Sono 34 i morti che si contavano fino a ieri, per armi da fuoco, nella maggioranza dei casi con spari mirati alla testa. Allora… (commozione)
L’anno scorso hanno ucciso…assassinati, 25.000 venezuelani.
I tizi stanno sparando, picchiando la gente, distruggendo proprietà private e le Guardie Nazionali non fanno niente.
Non-fanno-niente… di fronte a loro”.
“Tu vedi che maltrattano la gente, ci sono stati maltrattamenti, ci sono stati abusi dei diritti umani, e t’imprigionano… Guarda, oggi come oggi, ci sono quasi 2.000 studenti incarcerati e senza ragione alcuna, perché tutti abbiamo diritto di protestare.
Quando vengono arrestati li riempiono di botte o violano i loro diritti umani con torture e violenze.
Ci sono persone scomparse che non sappiamo se sono sparite oppure morte”.
“Sono stato nell’obitorio di Bello Monte, Caracas-Venezuela e ti dico che la quantità di morti che entrano da una porta e non sono identificati, sono incalcolabili. E che mai nella vita saranno identificati e che mai nella vita compariranno”.
“A me terrorizza, io come essere umano normale, venezuelana quale sono, esco, sono uscita a tutte le manifestazioni mentre mi trovavo là.
Ma a manifestare ci vai spaventata, perché, per esempio, se sparassero a me un colpo, io ho due figli.
Chi rimane con i miei figli? Chi li tira su?”
“Non si sa mai che un giorno, io possa chiamare mia madre o mia madre scrivermi per dirmi: ‘Guarda, tua sorella non è più tornata’ oppure ‘Tuo padre non è più tornato’.
Là fanno quello che pare e piace a loro, là si ammazza chi si vuole, si ruba a chiunque e si resta impuniti”.
“Prima si parlava di sequestri e si parlava di quegli argomenti, e li vedevi come lontani da te. Ma negli ultimi anni ti accorgi che questi avvenimenti coinvolgono ogni volta di più gente a te vicina…casi di gente che conosci, di famigliari e amici intorno a te, cioè, non è più un tema che non ti tocca, perché ogni volta lo vedi reale e percepisci che ci sono sempre più possibilità che in qualsiasi momento possa toccare a te”.
“Io sono uno dei tanti sequestri-express.
Ce ne sono ogni giorno in Venezuela. Arrivavo nella mia macchina una sera, alle dieci di sera. Mi hanno puntato un fascio luminoso in faccia e appena hanno abbassato la luce ho visto una persona con un’arma puntata nella mia direzione e delle moto. Mi fermo perché altrimenti li ammazzo. Mi tirano giù dall’auto e mi prendono a botte. A prendermi a botte erano diverse persone. Mi gettano a terra, hanno perquisito tutta la mia macchina, beh, c’erano urla e offese e dopo questo mi hanno tenuto lì per un po’ e mi hanno portato a casa mia. Si è pagato un po’ di denaro che ho dovuto pagare io. I miei genitori non hanno saputo niente in quel momento… non so nemmeno più quanto denaro sia stato. Le persone che mi hanno rapito sono legate al potere venezuelano, al potere della città ed è stato impossibile per me poter denunciare, perché la mia vita correva pericolo allo stesso modo che quella della famiglia”.
“Tu vai al cinema e all’improvviso ti passano dei tizi con una pistola, portando delle borse nere e chiedono ‘Mettete i vostri cellulari qua’.
All’università? All’università era spaventoso. All’università, una gran quantità di rapine nelle aule di scuola.
È come se entrasse qualcuno per di qua e dicesse ‘Datemi tutti i cellulari, ho una pistola e non voglio sapere niente, non ci sono problemi’.
La gente andava, infilava i propri cellulari, metteva dentro i propri portafogli e il tizio se ne andava, come niente fosse. Un’università privata”.
“Bambini con guardie del corpo, gente con guardie del corpo perché non possono uscire la sera. L’insicurezza è tale che ovunque ti muovi pensi che ti stanno seguendo, guardi dallo specchietto, pensi che non puoi andare da sola, che non puoi girare con macchine che attirino l’attenzione. Devi vivere in un profilo basso perché non devi attirare l’attenzione e quella è la situazione che c’è. Oltre l’insicurezza, l’approvvigionamento.
Le amiche mi raccontano per telefono che nei supermercati non c’è niente. Devi prendere la marca che c’è… QUELLO CHE C’È, cioè, non è che tu vai a comprare riso e hai dieci opzioni per scegliere il riso. No. Devi prendere il pacchettino che c’è, se ce n’è”.
“Arrivi là e ti dicono ‘No, ne puoi prendere soltanto un kg’. Ma ci sono, ci sono 200 kg, cioè sono nel deposito. ‘No, solo un kg perché non ce n’è tanto’ ed io ‘Perché?’ È proprio come se tu dicessi che vai al mercato e chiedi ‘C’è olio?’ ‘Sì c’è olio ma soltanto ne puoi prendere 1 litro’ ‘Perché?'”.
“Allora un giorno devi fare fila perché è arrivato l’olio, un altro giorno devi fare fila perché è arrivato il latte, un’altro giorno devi fare fila perché sono arrivati i pannolini.”
“File di ore. Ore per comprare qualsiasi cosa. Ore. E li timbrano come bestiame. ‘ Questo ha già comprato tanto, questo è il numero 328′ per poter prendere il suo chiletto di farina o il suo litro di latte”.
“Siamo abituati a un paese che ha vissuto tutta la vita in democrazia, dove tu hai sempre comprato quello che ti è servito e andato, sei uscito finché ti è parso, hai viaggiato finché ti è parso. E se lavori vivi bene. Ora il problema è che ora lavori e vivi male.
Il socialismo prometteva una classe media e che tutti avremmo vissuto bene.
Ma cosa vogliono fare loro?
Vogliono che la classe media scenda e che si viva tutti in povertà per poterci controllare.
No. Questo non è quello che vogliamo. Vogliamo che tutti possano vivere bene, che tutti abbiano diritto all’educazione, che tutti possano andare in un ospedale certi che si prenderanno cura di noi, che ci siano farmaci, che ci sia attrezzatura adeguata per poterti curare. Che non debba tu portare persino le lenzuola un un ospedale, perché nemmeno di lenzuola dispone.
I bambini appena nati vengono messi in scatole, perché non ci sono nemmeno le culle trasparenti ne le incubatrici per mettere i neonati. Scatole di cartone.
Mio figlio era malato da molti anni.
L’ultima volta che siamo andati dal medico, che era già ricoverato, perché non riuscivano più a togliergli i capogiri, hanno detto che mio figlio aveva bisogno di un trapianto di cuore.
In Venezuela non si è fatto nessun trapianto di cuore. Nè a livello di adulti, ne a livello di bambini: non si è mai fatto nessun trapianto. Allora la mia opzione, dato che ho la mia famiglia qui, è quella di venircene qui dato che avevamo già qualche base.
Quando arrivo e lo vede la dottoressa, mi dice addirittura che sono arrivata tardi, cioè che sarei già dovuta arrivare prima e che il modo di accelerare un po’, perché lui entrasse nella lista d’attesa, per avere accesso all’organo, alla lista dei donatori, era che il governo venezuelano mi desse una certificazione dove dicessero che loro, là in Venezuela, non facevano trapianti di cuore.
Immaginate quale sia stata la nostra sorpresa quando abbiamo fatto richiesta di tale certificazione ed il governo ce l’ha negata. Questo perché loro dicono di non potersi permettere che all’estero si sappia o si dica che in Venezuela non si fanno trapianti di cuore.
Io ringrazio Dio che mio figlio se la sia cavata, ma come mio figlio se l’è cavata, ci sono molti bambini che non ce l’hanno fatta. Ed è molto triste… ed è molto triste.”
“Bambini con fucili, armi lunghe, da guerra, con simboli rappresentativi del governo. Cioè questo è qualcosa di preoccupante. A me personalmente, quella è una delle cose che mi produce maggior terrore, perché si tratta dell’indottrinamento dei più giovani e soprattutto, nelle zone più popolari. Purtroppo, non conoscono nient’altro più in là di quello”.
“Non hanno modo di informarsi. I canali televisivi tutti bloccati. Tutto quello che riguarda la televisione e la radio, lo hanno comprato loro.
Le poche voci che abbiamo, sono quelle delle persone coraggiose che si azzardano a parlare o i cellulari, dove ci stiamo mandando costantemente video, ci stiamo mandando costantemente informazioni.
Paradossalmente i venezuelani chiedono aiuto a chi di noi si trova fuori dal paese di diffondere informazioni persino a loro perché non possono mandare molto perché li mantengono controllati”.
“Così è stato con CNN. CNN che è una catena enorme, mondiale, di notizie. Li hanno cacciati dal paese”.
“Ci vorranno molti anni per pulire tutto il brutto, tutto l’odio e tutto quello che si è seminato in questi anni”.
“La nostra lotta è pacifica. Sarà sempre pacifica perché la violenza la usa chi non ha la ragione e in questo caso il regime lo ha dimostrato”.
“Il Venezuela non ha mai attraversato una guerra. Noi non abbiamo mai patito privazioni. Noi non abbiamo mai attraversato una situazione come quella che stiamo vivendo”.
” È una DITTATURA. In Venezuela c’è una DITTATURA.”