Coronavirus: dove è nato, come e quando si è diffuso
La storia del Coronavirus (leggi anche l’articolo del virologo Filippo Turrini in merito)
L’ipotesi accreditata dalla comunità scientifica è che il coronavirus, il cui primo serbatoio sono stati i pipistrelli, sia passato all’uomo proprio attraverso una delle specie animali presenti nel mercato di Wuhan.
La trasmissione del virus è avvenuta, dunque, prima dall’animale all’uomo attraverso le mani, poi tra gli uomini per via respiratoria, tramite fluidi, colpi di tosse e starnuti, proprio come accade per una semplice influenza.
La mutazione del “salto di specie”, la fase in cui il nuovo Coronavirus è passato dall’animale all’uomo, è avvenuta sulle cosiddette “spike” o spicole, che sono strutture proteiche sulla superficie del patogeno che permettono la penetrazione nelle cellule.
Coronavirus: quando è iniziato tutto?
Il salto di specie sarebbe avvenuto prima di Natale secondo gli scienziati italiani.
Il mercato degli animali vivi di Wuhan non sarebbe stata, però, l’unica fonte di diffusione del coronavirus SarsCoV2 perché l’analisi delle sequenze genetiche spinge a cercarne l’origine anche in altri luoghi.
Addirittura fuori dalla Cina.
La situazione è stata confusa sin dall’inizio, ma c’è poco da stupirsi perché si tratta di un virus mai visto finora e del quale si ignorano ancora moltissimi aspetti.
Magari un giorno saranno pubblicate altre teorie scientifiche attendibili sull’origine del virus ma finora dobbiamo credere ai pipistrelli o chi per loro.
Cosa sono i coronavirus?
I coronavirus (CoV) sono un’ampia famiglia di virus respiratori che possono causare malattie da lievi a moderate, dal comune raffreddore a sindromi respiratorie come la MERS (Middle East respiratory syndrome) e la SARS (Severe acute respiratory syndrome).
Sono chiamati così per le punte a forma di corona che sono presenti sulla loro superficie.
Perchè si chiama “nuovo” coronavirus?
Un nuovo coronavirus è un nuovo ceppo di coronavirus che non è stato precedentemente mai identificato nell’uomo.
In particolare quello denominato provvisoriamente all’inizio dell’epidemia 2019-nCoV, non è mai stato identificato prima di essere segnalato a Wuhan, in Cina a dicembre 2019.
Nella prima metà del mese di febbraio l’International Committee on Taxonomy of Viruses (ICTV), che si occupa della designazione e della denominazione dei virus (ovvero specie, genere, famiglia, ecc.), ha assegnato al nuovo coronavirus il nome definitivo:
“Sindrome respiratoria acuta grave coronavirus 2” (SARS-CoV-2).
Secondo questo pool di scienziati il nuovo coronavirus è fratello di quello che ha provocato la Sars (SARS-CoVs), da qui il nome scelto di SARS-CoV-2.
Il nuovo nome del virus (SARS-Cov-2) sostituisce quello precedente (2019-nCoV).
Quando è nata davvero l’epidemia di coronavirus?
Secondo uno studio italiano “tra ottobre e novembre”.
L’epidemia di coronavirus è nata molto prima di quanto segnalavano le prime notizie dalla Cina: presumibilmente tra metà ottobre e metà novembre
I due ceppi di coronavirus
A dire che Wuhan potrebbe non essere stato l’unico punto di origine dell’epidemia è l’analisi di 165 sequenze genetiche del coronavirus: esisterebbero infatti due ceppi fratelli del virus SarsCoV2, chiamati Tipo I e Tipo II.
Tipo II
Quest’ultimo è quello nato nel mercato di Wuhan ed è il più contagioso.
Da lì ha cominciato a espandersi con l’aiuto di un super-diffusore, mentre il Tipo I non ha un’origine chiara e potrebbe avere a che fare con 14 dei primi 41 casi che non avevano legami con il mercato di Wuhan.
Secondo l’esperto l’epidemia è apparsa per la prima volta in Cina, ma non è necessariamente nata in Cina; citando l’Organizzazione MOndiale della Sanità (Oms), ha infine rilevato che la diffusione del virus è una questione globale e il lavoro per rintracciarne la fonte è ancora in corso.
Da metà novembre a fine gennaio: cosa è successo in Cina
Pare che il primo caso di contagio accertato da Covid-19, la misteriosa polmonite provocata dal nuovo coronavirus, possa risalire allo scorso 17 novembre e che il primo ricovero all’ospedale Jinyintan di Wuhan di un paziente infetto sia avvenuta a inizio dicembre.
Dal 17 novembre in poi, da quanto hanno riportato i giornali solo tempo dopo, sono stati segnalati da uno a cinque nuovi casi ogni giorno.
Un mese dopo, intorno al 15 dicembre, il numero totale di infezioni era pari a 27.
Ma il primo aumento giornaliero a due cifre viene registrato pochissimi giorni dopo, il 17 dicembre, mentre al 20 dicembre il numero totale di casi confermati raggiunge i 60.
Poi però accade qualcosa di particolare.
La segnalazione del medico cinese
Venerdì 27 dicembre Zhang Jixian, un medico dell’Ospedale provinciale dell’Hubei segnala alle autorità sanitarie di Wuhan che l’infezione è causata da un virus dello stesso tipo della Sars: a quella data i malati infetti sono già più di 180.
Ma non succede nulla.
Oltretutto il primo allarme è già stato dato una decina di giorni prima, con lo stesso esito.
Lunedì 16 dicembre al Wuhan Central Hospital i test diagnostici confermano che l’infezione è causata da un coronavirus sconosciuto.
Lo rivela un medico di quell’ospedale, il dottor Ai Fen, in un’intervista ad un settimanale in seguito censurata.
A fine anno la notizia circola già sui social.
Li Wenliang, il medico dell’università di Wuhan che lo scrive in un post su WeChat il 30 dicembre, viene ufficialmente richiamato e arrestato.
C’erano medici ospedalieri a Wuhan che a fine dicembre non credevano già più nella versione della «misteriosa polmonite» di cui parlavano le autorità.
Temevano l’inizio di un’epidemia.
Si scambiavano informazioni in una chat.
Il dottor Li Wenliang, 34 anni era convinto che si trattasse di un ritorno della Sars debellata nel 2003.
Li raccontava su WeChat che nel suo ospedale erano ricoverati in isolamento sette pazienti con sintomi polmonari gravi.
Era il 30 dicembre.
Uno screenshot del suo post fu intercettato dalla censura.
Le autorità di Wuhan mandarono la polizia a «redarguire i propagatori di voci».
La chat online fu oscurata per aver «disturbato gravemente l’ordine sociale».
Il dottor Li fu interrogato e ammonito.
La polizia si vantò il 1° gennaio di aver neutralizzato «otto diffusori di voci».
Ma il 9 gennaio la tv statale ammise che a Wuhan era stato isolato un nuovo coronavirus responsabile della polmonite.
Sul web la gente cominciò a dire che gli otto medici avevano ragione.
La questione fu rivista dalla Corte suprema del popolo.
Sentenza: il medico non aveva «fabbricato notizie».
Però, per non smentire il sistema che lo aveva censurato, la Corte ha osservato che comunque il dottor Li aveva sbagliato diagnosi perché non era Sars, ma un nuovo coronavirus.
Il 31 dicembre i casi confermati sono 266, il giorno successivo 381.
Erano i primi giorni di gennaio quando hanno iniziato a circolare le prime voci relative ad un cluster di casi di polmonite in Cina.
Le somiglianze con il caso SARS sono state lampanti da subito: stessi sintomi, stesso decorso della malattia, stessa correlazione con un mercato di animali vivi.
A differenza di quanto successo nel 2002, quando ci vollero mesi prima di identificare la causa dell’epidemia, nel 2020 la scienza ha impiegato solamente 8 giorni a fornire nome, cognome e carta d’identità completa del virus.
Viene lanciata l’allerta epidemiologica, ma ancora l’11 gennaio l’amministrazione di Wuhan insiste nel sostenere che i casi accertati sono «solo 41», e la situazione è sotto controllo.
La calma è motivata anche dal fatto che quattro giorni prima, martedì 7 gennaio, una delegazione di medici ed epidemiologici della Commissione sanitaria nazionale è arrivata in città, dichiarando al termine dell’ispezione che non è provata la trasmissione umana del virus.
L’esito dell’indagine spiazza lo stesso presidente Xi Jinping che sollecita una nuova ispezione, due settimane più tardi.
La chiusura della città di Wuhan
Il contagio intanto dilaga ben oltre la provincia dell’Hubei, che il 23 gennaio disponde la chiusura della città di Wuhan.
Per due mesi in sostanza le autorità cinesi hanno cercato di ignorare il problema, insabbiando tutti gli allarmi che arrivavano dagli ospedali di Wuhan.
Le prime città isolate: Pechino e Macao
Vengono isolate due città per il virus e bloccati 18 milioni di abitanti,oltre ad essere annullate alcune feste di capodanno in città come Pechino e Macao.
Il 20 gennaio 2020 la trasmissione da persona a persona è stata confermata a Guangdong, in Cina, da Zhong Nanshan, capo del gruppo della commissione sanitaria che indagava sulla pandemia, rivelando che avviene attraverso le mucose di occhi, naso, bocca o contatto.
I primi casi di coronavirus allo Spallanzani di Roma: i turisti cinesi
Quello che era stato fino ad allora solo un timore diventa una paura fondata quando, pochi giorni fa, è stato comunicato che dal 23 gennaio, ricoverati in isolamento all’ospedale Spallanzani di Roma, ci sarebbero due turisti cinesi in vacanza a Roma con il coronavirus.
Lo annuncia il presidente del consiglio Giuseppe Conte nel corso di una conferenza stampa.
Annunciato lo stato di emergenza sanitaria
Viene dichiarato lo stato di emergenza sanitaria per sei mesi.
Scatta il blocco dei voli da e per la Cina, ma questo conta poco perché negli altri paesi europei non vengono prese le medesime precauzioni.
Sui social circolano tanti video girati da chi, per tornare in Italia dalla Cina, dimostra che basti prendere un volo per Londra, Parigi o Berlino e poi dalì prenderne un altro per arrivare a Milano, a Roma o a Catania.
Iniziano a circolare le prime notizie e raccomandazioni.
Quali sono i primi sintomi del coronavirus?
I sintomi del virus sarebbero gli stessi di tutte le malattie infettive respiratorie, compresa l’influenza stagionale, causata da 4 virus, che in queste settimane sta raggiungendo il picco dei contagi.
Febbre, tosse, mal di gola, raffreddore e nei casi gravi, affaticamento polmonare che può dar luogo a polmoniti.
Non ci sono cure specifiche ma la maggior parte dei casi guariscono spontaneamente, con terapie di supporto.
Per l’insufficienza polmonare si può intervenire con l’ossigenazione extracorporea (Ecmo), un sistema di rianimazione di cui l’Italia è bene attrezzata.
1 febbraio: in Cina oltre 14.500 casi in meno di un mese
Alla mezzanotte del 1 febbraio 2020 la Commissione Nazionale di Sanità (istituzione cinese), indica quasi 14.500 casi confermati di cui circa 2.000 considerati gravi.
304 decessi, 328 pazienti guariti e dimessi, 19.544 casi sospetti e 118.478 persone sono sotto osservazione medica.
Sebbene non siano ancora del tutto chiare le modalità di trasmissione del virus, è stato confermato che è in grado di passare da persona a persona.
Come avviene il contagio da coronavirus
Si ritiene, infatti, che nella maggior parte dei casi la diffusione tra persone avvenga attraverso le goccioline respiratorie emesse da un individuo infetto mediante tosse o starnuti che, successivamente, vengono inalate da un soggetto sano che si trovi nelle vicinanze.
Il virus resta sulle superfici?
Non è chiaro se sia possibile infettarsi dal virus anche dopo aver toccato superfici o oggetti ove sia presente portando poi le mani verso la propria bocca o verso il naso o gli occhi.
Sebbene i virus respiratori siano trasmissibili solitamente quando il soggetto malato presenta anche i sintomi, sembrerebbe che il SARS-CoV-2 possa diffondersi anche in occasione di un contatto ravvicinato con un paziente asintomatico.
Il 2 febbraio, a poco meno di 48 ore dal ricovero dei due turisti cinesi presso l’Istituto Lazzaro Spallanzani di Roma, i virologi sono riusciti ad isolare la sequenza genomica del virus.
Il 3 febbraio vengono rimpatriati dalla Cina con un volo speciale dell’Aeronautica militare italiana 56 cittadini italiani residenti a Wuhan, trasferiti poi in quarantena presso la cittadella militare della Cecchignola.
6 febbraio: un terzo contagiato
Il 6 febbraio venne confermato come infetto uno degli italiani rimpatriati, dichiarato poi guarito il 22 febbraio.
Quarantena: che cos’è
E’ una forma di isolamento dei malati che nasce nel 1.400 nella Repubblica di Venezia all’epoca della peste: le navi erano costrette ad aspettare 40 giorni prima di entrare in porto proprio per evitare lo sbarco di persone infette. La quarantena moderna ha mantenuto il nome ma non la durata di applicazione.
Prevede l’isolamento degli individui sani, senza sintomi, che vengono tenuti in osservazione presso il loro domicilio o in una struttura ospedaliera.
Chi è in quarantena domiciliare deve osservare una serie di precauzioni: vivere in una stanza e indossare la mascherina all’arrivo di un familiare, misurarsi la temperatura in certe ore della giornata, ricevere la visita quotidiana di un medico.
Nel caso del nuovo coronavirus il tempo di «contumacia», mai obbligatoria, è di 14 giorni, poco più di quello che si presume sia il periodo di incubazione del virus.
La quarantena è la misura più efficace per il contenimento delle epidemie ed è stata risolutiva per bloccare la Sars nel 2003.
Come si può prevenire il coronavirus?
Nell’attesa di un vaccino, il ministero della Salute consiglia di mantenersi informati sulla diffusione dell’epidemia, per esempio attraverso il sito dell’Organizzazione mondiale della sanità, e di adottare misure di protezione personale quali lavarsi spesso le mani ed evitare il contatto ravvicinato con persone che tossiscano, starnutiscano o che abbiano la febbre.
Come si diagnostica il coronavirus?
L’unico modo per confermare la diagnosi di Covid-19 è sottoporsi ad esami di laboratorio.
Quanto è pericoloso il coronavirus?
Come altre malattie respiratorie, l’infezione da nuovo coronavirus può causare sintomi lievi come raffreddore, mal di gola, tosse e febbre, oppure sintomi più severi quali polmonite e difficoltà respiratorie.
Raramente può essere fatale. Le persone più suscettibili alle forme gravi sono gli anziani e quelle con malattie pre-esistenti, come diabete e malattie cardiache.
L’infezione può essere contratta da una persona che non presenta sintomi?
Secondo i dati attualmente disponibili, le persone sintomatiche sono la causa più frequente di diffusione del nuovo coronavirus.
L’Oms considera non frequente l’infezione da nuovo coronavirus da persone che non abbiano ancora sviluppato sintomi.
Quanto dura l’incubazione?
Il periodo di incubazione, e cioè il periodo di tempo che intercorre tra il contagio e lo sviluppo dei sintomi clinici, si stima attualmente che vari tra i 2 e gli 11 giorni, fino a un massimo di 14 giorni.
Le mascherine servono? Come si usano?
L’Oms raccomanda di indossare una mascherina solo a chi sospetta di aver contratto il nuovo coronavirus e presenta sintomi quali tosse o starnuti, oppure a chi si prende cura di una persona con sospetta infezione da Covid-19.
L’uso della mascherina aiuta a limitare la diffusione del virus ma deve essere adottata in aggiunta ad altre misure di igiene respiratoria e delle mani.
Il ministero suggerisce di lavarsi le mani con acqua e sapone o con una soluzione alcolica prima di indossarla, farla aderire bene coprendo bocca e naso, evitare di toccarla mentre la si indossa (se lo si fa, lavarsi le mani), sostituirla con una nuova quando diventa umida, toglierla prendendola dall’elastico senza toccare la parte anteriore della mascherina e infine gettarla subito in un sacchetto chiuso e lavarsi le mani.
Indossare più mascherine sovrapposte non serve a nulla.
Quali sono i rischi per chi viaggia?
Il ministero raccomanda di posticipare i viaggi non necessari nelle aree a rischio della Cina, consultabili sul sito dell’Oms.
Se ci si reca in Cina, nelle aree a rischio, l’invito è di vaccinarsi contro l’influenza stagionale almeno due settimane prima del viaggio, in modo da rendere più semplice la diagnosi e la gestione dei casi sospetti.
Si raccomanda anche di evitare di visitare i mercati di prodotti alimentari freschi di origine animale e di animali vivi, di evitare il contatto con persone che hanno sintomi respiratori e di lavare frequentemente le mani.