Comics credits: GIUSEPPE FONTANA
Qualche giorno fa ho condiviso sulla mia pagina Facebook QUESTO link, invitandovi a leggerlo e promettendovi che presto avremmo approfondito il discorso! Avrei avuto voglia di raccontarvi qualcosa di più quel giorno ma, si sa, Facebook non concede troppo spazio.
Così eccomi qui.
Ho conosciuto Cristiana, la fondatrice di Blink, quando avevo 17 anni, quindi quasi 20 anni fa.
Tre anni dopo quel primo incontro, Cristiana mi telefonò per propormi di partecipare, come concorrente, ad un programma tv al quale stava lavorando.
Le cose non andarono come previsto e, aggiungo oggi, con il senno di poi, è andata bene come è andata.
Ma quella telefonata aveva un senso e, come succede spesso, lo avrei capito solo a distanza di tempo.
Quel nuovo incontro fu, tuttavia, utile a entrambe.
Forse non ai fini del programma tv, ma iniziò comunque qualcosa di bello, perché, pochi giorni dopo, cominciai a lavorare per Cristiana.
Ero, già allora, un’irrequieta iperattiva e avevo già ai tempi, una voglia irrefrenabile di imparare e di lavorare.
Fare “solo” l’universitaria ed occuparmi di un’unica cosa alla volta, allora, esattamente come accade oggi, non mi sarebbe bastato.
Photo credits: FRANCESCO PIZZO
Iniziai, proprio con e grazie a Cristiana, a muovere i primissimi passi nel mondo degli eventi e della comunicazione e, devo dire, ho poi trascorso gli anni successivi a ringraziare lei ed alcune altre grandi “Donne” incontrate sul mio cammino lavorativo, per tutto quello che mi hanno insegnato.
Certi amori, certe amicizie, certe alchimie, non si perdono con il trascorrere del tempo.
Cristiana ed io, almeno per un momento, ci perdemmo di vista. Ognuna delle due, è andata per la propria strada, conservando, tuttavia, uno splendido ricordo l’una dell’altra.
Tanti, ma proprio tanti, anni dopo, circa 6 mesi fa i social hanno fatto il resto.
Facebook ci ha aiutate a ritrovarci e da lì il passo è stato breve. Dopo uno scambio di messaggi siamo arrivate al dunque: “Vediamoci!”.
E così, in un pomeriggio di inizio primavera di quest’anno, ho bussato alla sua porta, certa che avrei ritrovato la Cristiana di 20 anni fa.
E’ andata esattamente così.
Tra un caffè e mille chiacchiere era come ci fossimo viste il giorno prima. D’altronde ci eravamo salutate che eravamo due giovanissime donne con davanti a noi ancora tante cose da fare.
Sono bastate quattro chiacchiere, per capire che abbiamo ancora le stesse affinità e condividiamo entrambe la passione per lo stesso mondo: la comunicazione.
Avendo lei messo in piedi un “piccolo” universo più unico che raro in questo ambito vastissimo, ed occupandomi io, ormai dal mio primo incontro con lei, di comunicazione ed organizzazione eventi, e, da tempi più recenti, anche “digital”, da lì all’ipotizzare insieme una nuova collaborazione il passo è stato brevissimo.
Ma, ci tengo a dirlo, non sull’onda della nostalgia e del “carramba che sorpresa” dato dal fatto di esserci ritrovate.
Credo, spero, di poter parlare anche a nome suo se dico che abbiamo visto l’una nell’altra la stessa capacità di guardare nella medesima direzione e la volontà di sperimentare nuove strade, anche rischiose se occorre, a patto che siano innovative e che portino a dei risultati utili.
Una delle cose che mi ha fatto subito venire voglia di collaborare con lei e con Cristina (Cristina Vaudagna, che l’affianca nell’evoluzione di Blink dal 2014) è stata la percezione, a pelle, che ho avuto di loro.
Photo credits: FRANCESCO PIZZO
Oltre al fatto di averle viste, passatemi il termine, “sul pezzo”, ovvero molto preparate e appassionate nel raccontarmi il modello messo a punto da Blink, le ho sentite subito intellettualmente oneste.
Qualità così rara al mondo oggi, al punto che, appena la percepisco nelle persone, non riesco più a farne a meno.
Ebbene sì, dopo esserci incontrate per il primo caffè, ne è seguito subito un altro, questa volta anche con Cristina, finché, di volta in volta, ho incontrato tutto il resto dei b-linkisti.
Ho la fortuna, immensa, aggiungerei, di collaborare con poche ma buone realtà che, se vogliamo, possiamo definire non proprio correttamente, “agenzie di comunicazione”.
Se penso ad ognuna di loro, definirle solo “agenzie di comunicazione” mi sembra, in ogni caso, riduttivo.
Ciascuna di esse, infatti, esattamente come le persone che le hanno fondate e vi lavorano, mettono in gioco così tante capacità e così tanta professionalità che viene realmente complicato definirle con tale superficialità.
E poi ognuna agisce in un campo molto diverso dalle altre e questo le rende ai miei occhi persino complementari.
Per una che ama le sinergie come me è un aspetto molto bello del mio lavoro.
Per come sono fatta, amo stimare le persone con le quali lavoro e, tornando all’onestà di cui poco fa parlavamo, ho bisogno di sentirmi sempre tale con ognuna di loro.
Riesco a lavorare bene con chi sa instaurare un clima lavorativo armonioso, basato sul confronto aperto e sulla fiducia reciproca.
Tutto questo preambolo per dirvi che, se non avessi visto nel network Blink una grande professionalità, probabilmente avrei fatto, come frequentemente capita nel mio mondo, un progetto e via, senza prendere in considerazione la possibilità di iniziare, al contrario, un cammino con questa realtà.
Ma arriviamo al dunque, perché adesso spero di avervi incuriosito su cosa sia e, soprattutto, come agisca Blink!
Blink, come ho cercato di anticiparvi, non è un’agenzia di comunicazione, ma un’Officina della comunicazione, che aggiusta i processi comunicativi che non funzionano o che potrebbero funzionare in modo più adeguato.
Questa definizione non è frutto del caso ma di ben cinque anni di ricerca sul campo, di sperimentazione e validazione dei risultati che hanno portato anche alla revisione del modello di business di Blink.
Agendo su loro stessi con quello stesso modello di intervento che utilizzavano ed utilizzano con i loro partner e nei loro progetti, hanno, infatti, saputo revisionare il loro posizionamento con una strategia che definiscono con l’aforisma “diventa, facendo!”.
Blink, quindi, ha spostato l’attenzione dal ‘come comunicare’ al ‘cosa comunicare’, lavorando sui processi comunicativi.
Questa è la differenza rispetto alle facili soluzioni di moda! Infatti, come spiegano loro, stiamo assistendo alla tendenza dilagante di applicare lo stesso tipo di comunicazione ad ogni brand e azienda.
Ma non è affatto detto che una buona soluzione per un’impresa si riveli altrettanto buona e adatta per un’altra.
Ciò che ha funzionato per qualcuno non necessariamente può funzionare per tutti.
Facendo così, infatti, rischiamo di sacrificare, anche di molto, l’innovazione e di generare una grandissima confusione nel mercato.
A Blink le soluzioni preconfezionate non solo non piacciono, ma le considera anche rischiose proprio perché il futuro è imprevedibile e non controllabile e, quindi, non disponendo noi di certezza assoluta, non possiamo definire oggi una e una sola strada da percorrere, ma, al contrario, dobbiamo saper abbracciare il principio di incertezza.
Per spiegarvi meglio questo passaggio, riprendo un altro pezzo del post, che ho adorato in cui Cristiana racconta: “È un po’ la differenza che passa tra acquistare l’abito di moda o costruirsi l’abito sul proprio stile. Non è che nel primo caso tu vada in giro nuda, però ti devi assumere il rischio di poter incontrare a un evento l’amante di tuo marito con indosso lo stesso abito che porti tu. Quindi alla spiacevolezza dell’incontro si sommerebbe anche il disagio per l’effetto omologazione”.
C’è quindi una bella differenza tra quello che è un trend e quello che possiamo definire un paradigma di comunicazione.
E, infatti, come evidenzia Cristina, “il primo è un’astrazione, una teoria alla quale si pretende di adattare i brand, i contesti, le scelte. Mentre costruirsi il proprio paradigma implica operare in una logica funzionale e adattiva”.
Continuare ad usare lo stesso tipo di comunicazione di azienda in azienda, quindi, altro non è che uno spudorato “copia-incolla”, che difficilmente porterà dei risultati credibili e sostenibili nel tempo.
Strano che a parlarne sia proprio una che fa ANCHE la blogger e che, in qualche modo, si è adattata ad essere più una “trendsetter” che una “paradigm maker”, sempre per utilizzare una terminologia b_linkista.
Però, da “donna comunicativa” quale mi sento, faccio mia questa riflessione e ne traggo spunto anche per evolvere.
Sì, perché anche noi blogger nel comunicare possiamo sostenere, con le nostre competenze, strade più innovative contribuendo a creare delle comunicazioni su misura per ogni cliente.
Ormai da diversi anni Blink collabora con alcune aziende nello sviluppo di paradigmi di branding communication e nella generazione di modelli di cultuta organizzativa, ma anche con imprenditori e professionisti, nella progettazione del loro paradigma imprenditoriale e professionale.
Blink non si occupa solo di comunicazione d’impresa nelle sue diverse sfaccettature e implicazioni, ma anche della realtà circostante, “in cui i problemi a volte permangono perché di quel sistema si dà una rappresentazione che non è adeguata al sistema stesso”.
Per questo ha scelto di affiancare lo sviluppo di paradigmi di impresa alla creazione di progettualità strategiche integrate, che possano così facilitare lo scambio tra differenti sistemi, quali aziende, cultura, arte e media, costruendo e negoziando diversi e possibili significati della realtà in relazione a persistenti problematiche socio-culturali.
In tal senso il progetto che mi ha più colpito e che prevede anche un mio coinvolgimento è Effetto Domina, progetto dedicato all’emersione di nuovi paradigmi di autorevolezza femminile, ambiziosa operazione cross-mediale rivolta a revisionare, attraverso una comunicazione strategica integrata, una delle aree sociali più dibattute, ovvero l’attuale paradigma femminile.
Oltre a quello che vi ho raccontato, ci sono altri progetti interessanti in divenire e credo che ognuno meriti tempo e spazio per essere raccontato.
Restate sintonizzati! Anzi…. B_linkati.