Che siate italiani, venezuelani o di qualsiasi altra nazionalità, che siate capitati in questo blog per caso oppure no. Accadono tante, troppe, cose brutte nel mondo, lo sappiamo bene.
Oggi vi scrivo con il cuore in mano. Ma davvero. Oggi, da mamma di due bambine di 3 anni, mi immedesimo più che mai in quello che sto per raccontarvi.
Vi prego, non fraintendetemi, so che di associazioni ce ne sono tante, so bene che di bimbi come S.V. ne esistono purtroppo moltissimi nel mondo. Non è mia intenzione mettere l’accento sulla situazione di un paziente piuttosto che sull’altro.
Ma, chiaramente, è facile prendersi a cuore un caso a noi vicino e quando accade vogliamo solo risolverlo, con tutte le nostre forze.
Quando Odilia ed io abbiamo iniziato a scrivere tanto sul Venezuela su questo blog abbiamo avuto la grande fortuna di incontrare moltissimi venezuelani e italo venezuelani sulla nostra strada. Tanti di loro ci hanno aiutate moltissimo, in questi anni, a far conoscere la reale situazione del paese in Europa, di fronte al disinteresse collettivo e all’effettiva mancanza di informazione.
Oggi, però, ancora non tutti sanno cosa stia succedendo in Venezuela.
Noi ce la mettiamo tutta ma non bastano purtroppo un blog e un po’ di rumore sui social per fare conoscere a tutti la verità. In Venezuela oggi si vive un collasso a 360 gradi. Uno dei più ricchi paesi al mondo è in ginocchio, 20 anni di chavismo ci hanno segnati e ce ne vorranno altrettanti, se non molti di più, a tornare alla normalità di un tempo.
Oggi nel paese stanno accadendo cose gravissime, prima fra tutte la mancanza completa di alimenti e beni primari (non vi sto parlando del gelato o di biscotti, ma di latte, uova, acqua, sapone per lavare i panni, cartaigienica, latte per infanti, farina, ecc), che costringe ogni giorno il popolo a sottoporsi a code infinite (noi che ci lamentiamo per 20 minuti in posta dovremmo ogni tanto provare ad immaginare cosa siano 8,9, 10 ore sotto il sole cocente dei tropici, per arrivare al supermercato e scoprire, magari, che la farina per cui abbiamo fatto la coda è terminata). Ma la cosa in assoluto più preoccupante è che sia stata dichiarata la crisi del sistema sanitario venezuelano.
Ciò vuol dire non solo che tanti ospedali sono ormai privi di attrezzatura, che i neonati nascono e vengono riposti dentro gli scatoloni, che chi viene ricoverato viene buttato letteralmente in corridoio, che per fare una flebo si riciclano le bottiglie vuote di acqua minerale, che chi ha un cancro, anche curabile, non può nemmeno sperare di guarire perché mancano del tutto farmaci chemioterapici, che i medici sono fuggiti tutti altrove e non esistono nemmeno più in Venezuela. Questo vuol dire che si muore. Si muore ogni giorno, anche per delle stupidate madornali.
Ciò vuol dire che non esiste nemmeno più una sala operatoria, una equipe medica, luce (!!!). Ciò vuol dire che se ti ammali ti attacchi, se hai soldi vai altrove, altrimenti cavoli tuoi.
Ma oggi non sono certo qui per ripetervi la lezione sul risultato lasciato dal socialismo, oggi vi parlo perché davvero ho bisogno di voi.
Oggi è girata la ruota per una delle persone più attente ai bisogni del proprio paese, una donna straordinaria che in questi anni si sta dando un gran da fare per recuperare soldi, attrezzature mediche e farmaci da spedire in Venezuela. Oggi è lei ad avere bisogno di noi e non possiamo proprio non ascoltarla.
La chiameremo E. per motivi di privacy, ma sono sicura che tutti i miei amici venezuelani, affezionati a questo blog, avranno già capito chi è.
E. vive in Italia, ma la sua famiglia è ancora in Venezuela.
L’ho sentita qualche mattina fa, dopo che Odilia mi ha contattata mandandomi il suo numero di telefono. Quando abbiamo parlato mi sono detta: “cascasse il mondo io devo aiutarla!!!”. E così deve essere. Cascasse il mondo.
Ho bisogno di voi. Mi date una mano? E per mano intendo: offrire anche solo 2 euro o quello che sentite di dare (stiamo organizzandoci per aprire un conto su cui far arrivare aiuti), ma non solo. Per mano intendo condividere questa notizia, darci tutti da fare per trovare una soluzione, attraverso i nostri contatti e la nostra rete di conoscenze. E’ davvero fondamentale.
La nipotina di E. si chiama S.V., è la figlia di suo fratello (che vive ancora in Venezuela) ha 5 anni appena compiuti e una patologia cardiaca. La piccola deve essere operata con urgenza.
Non pubblicherò la sua foto per proteggere lei e la sua famiglia, ma vi garantisco che incrociare i suoi occhi, guardando una sua fotografia, mi ha messa ko. Inutile dirvi che il pensiero che possa accadere qualcosa alle mie bambine mi atterrisce.
S.V è come loro: piccola, dolce e indifesa. Vi chiederei con tutte le mie forze di aiutare le mie figlie dovesse accadere qualcosa di simile. Oggi desidero metterci le stesse energie per questa piccola, perché potrebbe essere la bimba di ognuno di noi.
Operarla in Venezuela, a Merida, dove abita, è una delle eventualità. Si ma dove? Sì, ma chi? Sì, ma con quali attrezzature e con quali farmaci si potrebbe operarla e poi curarla?
La seconda strada percorribile potrebbe essere portarla in Colombia, la strada da fare sarebbe tutto sommato poca e lì vive e lavora oggi il cardiochirurgo pediatrico che l’ha visitata a Merida pochi mesi fa e che ha dichiarato necessario l’intervento (tesi poi confermata da altri due specialisti). In questo caso si tratterebbe di trovare un punto d’appoggio alla mamma della piccola e….di trovare 14.000 dollari. la famiglia è finora riuscita a raccogliere appena 6.000 dollari. La strada per arrivare a quei 14.000 è davvero lunghissima.
La terza ipotesi potrebbe essere quella di portarla in Italia, affidandola a un’associazione o a una struttura sanitaria che possa occuparsi del suo caso, operarla e supportare anche la mamma. Mi sembrerebbe la soluzione migliore, tuttavia il viaggio fino a qui potrebbe non essere fattibile per la piccola.
Si tratta quindi di trovare sia il denaro necessario, sia, eventualmente, una soluzione alternativa. Come, per esempio, un cardiochirurgo e una equipe medica che possano occuparsi dell’intervento di S.V., una struttura sanitaria che possa ospitarla a costi inferiori e così via. Potrebbe non essere male anche trovare un luogo, non troppo lontano dal Venezuela, che permetta di eseguire questo delicato intervento.
Insomma, vi prego, ve lo chiedo con tutto l’affetto di questo mondo, ci date una mano? Anche solo spargendo la voce, anche solo parlandone con medici, strutture sanitarie in sud america, associazioni umanitarie.
Vi ringrazio sin da subito, so che siete grandi e so che avete un grande cuore.
Per qualsiasi cosa vi prego di scrivermi privatamente all’indirizzo francesca@vivereperraccontarla.com
Vi aspetto, grazie ancora!
Vi invito a leggere questi ultimi 3 post di Odilia, che spiegano perfettamente cosa sta accadendo nel paese, a livello politico, economico, sociale e sanitario: