Spopolano i tuttologi.
La gente viene su a Google e Wikipedia.
Gli amici diventano subito intimi, sanno tutto di te per quello che di te leggono e vedono su Facebook.
I viaggiatori percorrono il mondo rimbalzando tra gli album di foto altrui e Tripadvisor.
Cresce l’ipocondria, la ricerca disperata di malanni e malattie, il tutto sulla base di parametri inseriti ad minchiam in Google.
La gente si autodiagnostica casi rarissimi di infermità sconosciute, altri sbandierano vere e proprie teorie salutiste, i medici sono destinati a scomparire, ormai tutti possiamo capire cosa abbiamo e farne una tesi inserendo i valori del sangue sballati su Google.
A furia di cercare qualcosa che non va prima o poi ce la faremo o qualcosa ci verrà per davvero. Il motore di ricerca è furbo, una specie di Sibilla in grado di darci la risposta che il nostro “io interiore” desidera.
A seconda di come formuleremo le nostre frasi troveremo pane per i nostri denti. Un “non” in più ci svelerà panorami sconosciuti.
Tra “Il latte fa bene” e “il latte fa male” un abisso, due mondi contrastanti e lontanissimi.
Ma troveremo quello che cerchiamo. Sempre.
Usciremo da una seduta di Google più informati, più colti, rasserenati dal non avere quello o quell’altro sintomo o invece certi di avere tre, quattro al massimo, giorni di vita davanti a noi.
Saremo esperti veri.
Improvvisi pediatri, ortopedici, dentisti e persino internisti.
Fioristi, agricoltori, organizzatori eventi, viaggiatori. Il tutto dal nostro divano di casa.
Google è magia, puoi persino vedere qualche video ed è subito fatta.
Non ci servirà più nulla, smetteremo persino di ascoltare i nostri figli e di decidere strada facendo se potrebbe piacere loro il pesce o la carne perché i primi tre link che si aprono digitando “svezzamento” sono più che chiari e noi non avremo alcun dubbio che quella sia la Bibbia.”Ho letto che….”, “ho visto che…”, “Google dice” rappresentano ormai l’incipit di ogni nostro discorso.
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