Sotto natale la gente impazzisce, invade le strade, affolla i negozi, si ingegna nel fare regali a gente di cui spesso non riesce nemmeno a dire o pensare qualcosa di bello, organizza cene e scrive bigliettini strappalacrime salvo poi tornare a dire solo cattiverie dopo l’epifania. I “ti amo” e i “ti voglio bene” si sprecano nelle lettere, perché alla fine ci sta sempre bene una botta di dolcezza a Natale, peccato poi che la metà di queste persone non riesca neppure a darti un abbraccio o a ripeterti che ti vuole bene terminate le festività e che tanta gente stia insieme senza sussurrarsi un “ti amo” sentito da moltissimo tempo. Ma a Natale si deve, è un perfetto modo per decorare un pacco regalo. Che bello sarebbe se le persone smettessero di concentrare i loro sforzi solo in 10 giorni l’anno ed iniziassero a preoccuparsi degli altri anche ad agosto o, che ne so, a febbraio come in tutti gli altri mesi. E preoccuparsi non significa fare regali costosi, pagare le spese o essere mediamente educati. Vuol dire elargire amore, affetto, comprensione. Non solo nelle relazioni sentimentali, ma anche tra amici, tra colleghi e, perché no, tra persone che non stanno più insieme. Non si parla di statica tolleranza, semmai di gesti ed azioni quotidiani. Si tratta di amare e voler bene davvero rispettando, non dicendo cose cattive, non lasciandosi scivolare addosso le cose ma affrontandole, non strumentalizzando chi non ha colpe, non diventando cattivi. Significa chiedersi cosa si possa fare o non fare per vedere felici gli altri. Funziona come con i regali: non dovremmo mai regalare ciò che piace a noi, ma dovremmo sforzarci di capire cosa possa piacere all’altro, a prescindere dai nostri gusti personali. Empatia, quella non stufa mai, e io ne vorrei a manciate questo natale, insieme a tanto amore, tanta onestà e tante persone vere. Buon Natale a tutti!
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Francesca
Sono nata, da genitori italiani, nel 1980 a Caracas, in Venezuela, dove ho vissuto, andando avanti e indietro con l’Italia, fino al 1989, anno in cui mi sono trasferita definitivamente a Milano. Il mio legame con il Venezuela è comunque rimasto forte nel tempo, fino a quando, nel 2010, ho scelto di non tornarci più. La dittatura ha trasformato in inferno il paradiso e preferisco che il mio paese natale resti splendido, almeno nei miei ricordi. Mi occupo di comunicazione, ormai per lo più digitale, scrivo e leggo tanto, nasco come Event Manager ed oggi mi occupo quasi esclusivamente di consulenza e Digital PR. Sono anche la mamma, esaurita ma felice, di Giulia e Vittoria.
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