Simonovis libero (purtroppo solo per un po’)

di Francesca

Dopo 9 anni e 299 giorni di ingiusta reclusione presso il carcere militare di Ramo Verde a Los Teques, Iván Simonovis continuerà la propria detenzione sotto gli arresti domiciliari perché riceva le cure mediche che la sua salute precaria richiede, in verità, da moltissimi anni.

Considerato un caso emblematico dall’opposizione, è stato liberato sotto strette condizioni.

Non potrà rilasciare alcuna intervista a mezzi di comunicazione e nemmeno utilizzare le reti sociali.

La bella notizia della sua liberazione è stata data su Twitter dalla moglie di Simonovis, l’avvocato Bony Pertiñez, all’alba dello scorso sabato.

Questa concessione, tuttavia, sarebbe solo temporanea e gli accordi sono che Simonovis, una volta recuperatosi, torni a scontare i restanti 20 anni di prigione.

Iván Simonovis, oggi 54enne, ex Commissario e Segretario della Sicurezza di Caracas, era stato arrestato nel 2004, dopo il tentato colpo di Stato contro il di allora presidente Hugo Chávez .

Tra le varie accuse rivolte a Simonovis, figurava un suo presunto coinvolgimento come autore intellettuale dell’assassinio di quattro manifestanti (quel giorno -ufficialmente- persero la vita 19 persone), durante una marcia terminata con il breve colpo di stato, l’11 aprile del 2002.

L’ex commissario, insieme a Henry Vivas e Lázaro Forero, venne condannato a 30 anni di carcere, pena massima prevista in Venezuela, dopo un giudizio durato circa 3 anni e dopo circa 231 udienze, con 196 diverse testimonianze e l’intervento di oltre 45 esperti.

Esattamente come sta accadendo oggi nel caso del leader oppositore di Voluntad Popular Leopoldo Lopez, non vi erano state prove che dimostrassero la sua colpevolezza, quindi, allora come oggi, un uomo venne privato della propria libertà per il capriccio di un presidente corrotto e vergognoso.

La decisione era stata presa dall’ex Magistrato Eladio Aponte, oggi in esilio ed accusato di aver legami con il narcotrafficante Walid Makled, che in un secondo tempo aveva ammesso di aver dato la pena a Simonovis, sotto esplicita richiesta di Chávez.

Da allora la sua salute era precipitata, così che, dopo molti anni di richieste da parte dei suoi legali e dei suoi famigliari, oggi la “giustizia” venezuelana gli concede gli arresti domiciliari per beneficiare delle cure necessarie.

Mentre infatti mille ed uno malanni ed una galoppante osteoporosi lo distruggevano in quella piccola cella umida di 4mq, Simonovis veniva dichiarato dal Governo “un pericolosissimo cospiratore che ha giocato un ruolo fondamentale nel cercare di deporre dalla presidenza di un uomo eletto democraticamente come Chavez”.

La storia, se ci pensiamo, si sta ripetendo oggi con il povero Leopoldo Lopez.

Il caso di Simonovis era stato presentato lo scorso anno persino a Papa Francesco, che aveva ricevuto sua moglie insieme all’ex candidato presidenziale e leader dell’opposizione Henrique Capriles.

Trovare un accordo per la liberazione di Simonovis era stato uno dei punti chiave nel programma di dialogo tra la Mesa de Unidad Democrática ed il governo, durante l’ormai nota sessione di dialogo molto chiacchierata, pensata per mettere fine in modo pacifico alla recente ondata di proteste, che hanno lasciato più di 40 morti.

La notizia della liberazione di Simonovis è stata celebrata dall’opposizione e molto contestata da alcuni degli zoccoli duri del chavismo.

Qualcuno la interpreta come un tentativo da parte del governo per dimostrare che il dialogo con l’opposizione e i cittadini non è affatto interrotto, altri la vedono come un semplice modo per far notizia e creare un motivo di distrazione, un asso nella manica tirato fuori al momento giusto per far sapere quanto Maduro sia buono e comprensivo.

La popolarità di quest’ultimo negli ultimi mesi è fortemente crollata, di pari passo all’aumentare della sempre più grave crisi economica che colpisce il Venezuela.

A livello internazionale è ormai pensiero diffuso che il Venezuela non disponga più di risorse sufficienti e rischi un default.

Simonovis non è certo un caso isolato, ma figura, accanto a Lopez e a circa un centinaio di altri prigionieri politici (chi esiliato, chi scappato, chi in prigione in carceri di massima sicurezza).

Tutto questo mentre la delinquenza aumenta esponenzialmente, si contano circa 25.000 omicidi all’anno e i responsabili di ognuna di queste morti girano a piede libero per il paese.

Ma il brillante Nicolas Maduro, incapace persino di formulare una frase tutta sua, riprende una frase del precedente dittatore ed assicura che sono “politici imprigionati” e non “prigionieri politici”.

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