Di Mario Vargas Llosa
La più importante battaglia per la libertà si sta realizzando nelle strade del Venezuela e non è giusto che i giovani, che la stanno portando avanti dallo scorso 12 di febbraio, non ottengano l’appoggio del Governo e delle organizzazioni democratiche.
Anche le parole si consumano a furia di usarle: libertà, democrazia, diritti umani, solidarietà sono tutti termini che pronunciamo frequentemente e che ormai non significano più quasi niente, perchè vi ricorriamo troppo spesso a tal punto da averle in qualche modo private di senso e valore, riducendole a semplice brusio.
Tuttavia, alcune circostanze sociali e politiche riescono a ricaricarle di contenuto e verità, di sentimento e ragione ed è come se resuscitassero riuscendo nuovamente ad esprimere ed incarnare il sentimento di un popolo intero.
È quello che si vive in questi giorni in Venezuela e lo si scopre ascoltando dirigenti studenteschi e leader d’opposizione, uomini e donne comuni che mai prima d’ora si erano interessati di politica ed ora se ne interessano e se ne occupano, giocandosi in qualche modo i propri lavori, la tranquillità, la libertà e diverse volte persino la vita, mossi dalla consapevolezza che in mancanza di una vigorosa presa di posizione nazionale democratica il proprio paese andrà in rovina, finendo definitivamente nelle mani di una dittatura totalitaria e precipitando nella peggiore catastrofe economica della sua storia.
Nonostante il processo venga da lontano, le ultime elezioni hanno visto crescere in modo graduale l’opposizione al regime chavista, mentre il cambiamento qualitativo ha avuto inizio a febbraio, a
San Cristóbal, nello Stato del Táchira, quando un tentativo di stupro verso una giovane donna dell’Università delle Ande ha portato gli studenti a convocare una grande marcia contro la delinquenza, la mancanza di alimenti nei supermercati, i ripetuti sequestri di persona e la sistematica generale violazione dei diritti umani e delle libertà individuali.
Il regime ha da subito risposto a muso duro. La Guardia Nazionale e le forze paramilitari (vengono così definiti gli individui armati di pistola, coltelli e qualsiasi altra forma di arma che girano incappucciati su moto di grande cilindrata) hanno attaccato gli studenti, li hanno picchiati, feriti, hanno sparato loro, ne hanno uccisi diversi.
Hanno portato decine e decine di detenuti in penitenziari isolati dove sono stati tremendamente torturati con scariche elettriche, ripetuti colpi, botte, umiliazioni, come per esempio averli sodomizzati con bastoni e fucili e aver violentato le ragazze.
La ferocia repressiva è risultata controproducente.
La mobilitazione studentesca si è estesa velocemente a tutto il paese e a tutte le sue città, generando grandissime manifestazioni popolari contro il regime.
Per un po’ si sono alzate barricate e tutto il Venezuela è sembrato risvegliarsi.
Circa 500 avvocati volontari hanno costituito il Foro Penal Venezolano per difendere i detenuti e denunciare gli assassinii, le scomparse e le torture ed hanno presentato un documento che testimonia come gli eredi del comandante
Chávez cerchino in ogni modo di far fronte a questa formidabile mobilitazione che sta cambiando nel profondo una parte del popolo, quella dell’opposizione, e che sta riunendo la maggior parte dei venezuelani.
Maduro si rovinerà con le sue stesse mani se pensa di poter schiacciare il movimento studentesco in un bagno di sangue.
La mia impressione è che questo movimento sia difficilmente arginabile e che la repressione brutale messa in atto da Maduro e dai suoi complici, a nulla possa portare se non ad una caduta del governo stesso.
La libertà ha conquistato le strade della terra di Bolívar (il vero Simón Bolivar e non la macchietta che di lui ha fatto il chavismo) e il “socialismo del XXI secolo” risulta ormai condannato a morte.
Prima crollerà il governo e prima le cose inizieranno a migliorare per il Venezuela e per tutta l’America Latina.
Il fatto che il regime, nel suo impegnarsi freneticamente a voler statalizzare la nazione, abbia impoverito e distrutto uno dei paesi potenzialmente più ricchi al mondo, resterà come un caso emblematico dei risultati che possono derivare da una battaglia ideologica nei nostri tempi.
Oltre a soffrire l’inflazione più alta del mondo, il Venezuela è il paese di minore crescita in tutto il continente, il più violento e pericoloso, quello in cui la troppa burocrazia riesce a paralizzare quasi del tutto l’amministrazione pubblica.
Questo regime controlla, propone “prezzi giusti”, svuota i bancali di ogni mercato e supermercato da viveri, alimenti basici e di qualsiasi altro prodotto di prima necessità e fa impennare il mercato nero ed il contrabbando.
La corruzione è il solo aspetto in cui il paese avanza e progredisce a grandi falcate.
Distratto dalla grande mobilitazione popolare capeggiata dagli studenti che non intendono lasciarsi schiacciare dalla repressione, il governo di Maduro, con la complicità dei paesi dell’Alba, cerca di prendere tempo proponendo e aprendo alcuni dialoghi “di pace”.
L’opposizione ha fatto bene ad affidarsi a loro, restando momentaneamente da parte ed esigendo una prova di buona volontà da parte del governo, a cui ha fatto richiesta di liberare i prigionieri politici, a cominciare da Leopoldo López che con il suo arresto ingiustificato è divenuto, insieme a María Corina Machado, il leader più popolare del Venezuela.
Ho conosciuto sua madre e sua moglie, due donne ammirevoli, che affrontano con grande coraggio le ingiustizie di cui sono vittime per essere a capo della battaglia pacifica che l’opposizione porta avanti da tre mesi per impedire la definitiva scomparsa delle ultime scappatoie di libertà che restano oggi in Venezuela.
Vorrei sottolineare ancora una volta il ruolo fondamentale che occupano gli studenti in questa battaglia eroica che attualmente si combatte in Venezuela.
Quella chavista è stata la sola rivoluzione della storia di questo paese ad essersi posta sin dall’inizio come nemica di intellettuali, scrittori, artisti e studenti che in questo caso hanno mostrato grande lucidità e capacità politiche rispetto ai colleghi delle precedenti generazioni latinoamericane.
Rendere prigioniero Leopoldo López lo ha convertito nel leader politico più popolare del paese.
È stimolante e rigenerante notare come l’idealismo, la generosità, il distacco, l’amore per la verità ed il coraggio siano tanto vivi nella gioventù venezuelana.
Chi, frustrato dall’inanità delle lotte politiche nei propri paesi in cui la democrazia appare mediocre e di routine, diventa cinico, disprezza la politica ed opta per la filosofia del “il peggio è il meglio”, dovrebbe farsi un giretto per le guarimbas venezuelane, per esempio in quella dell’ Avenida Francisco de Miranda, nel centro di Caracas, dove ragazzi e ragazze convivono da ormai svariate settimane organizzando conferenze, dibattiti, seminari, spiegando ai passanti i propri progetti e le loro ambizioni per un Venezuela del futuro, quando finalmente la libertà e la legalità saranno tornate e il paese si sarà completamente risvegliato dall’incubo che vive da ormai 15 anni.
Chi è arrivato alla deprimente conclusione che la politica sia un compito inutile, in mano ai mediocri e ai ladri, e che quindi valga la pena non occuparsene, venga in Venezuela e chiachierando, ascoltando e imparando da questi giovani idealisti, capirà che l’azione politica può essere anche nobile e pura, un modo per fronteggiare le barbarie e distruggerle, di lavorare per la pace, la convivenza, la giustizia e la libertà, senza spari e senza lanciare bombe, con la ragione e con le parole, al pari dei filosofi e dei poeti e creando ogni giorno gesti, spettacoli, idee come fanno gli artisti, che possano commuovere ed educare il prossimo, arruolando ogni giorno sempre più persone in questa sfida tesa verso la libertà.
Dallo scorso 12 febbraio centinaia, migliaia, milioni di giovani venezuelani stanno dando all’America Latina e al resto del mondo un esempio di fede e speranza, ribadendo che nessuno dovrebbe rinunciare al sogno di vedere un paese, per quanto sia profondo l’abisso in cui la demagogia e l’ideologia lo hanno trascinato, rimettersi in piedi e tornare a vivere più forte di prima.
Alcuni di questi giovani sono passati per il carcere e hanno sofferto torture, molti hanno rischiato la propria vita, come i 50 eroi che sono morti per mano di sanguinari assassini incappucciati mandati a zittirli da Maduro.
Non trovo giusto che questi ragazzi vengano lasciati così soli e che le organizzazioni democratiche non li sostengano come dovrebbero.
La più importante battaglia per la libertà si sta combattendo nelle strade venezuelane e ha la faccia dei suoi giovani.
Autore: Mario Vargas Llosa
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