Un giorno nella cella di Leopoldo López

di Odilia

Di: Oliver Parra
Tradotto liberamente da Odilia Quattrini

Il padre dell’ ex Sindaco di Chacao narra i fatti, dal primo giorno di prigionia ad oggi.

Che cosa è successo nella famiglia e cosa hanno raccontato alla nipotina, la figlia di Leopoldo López, sulla prigionia del padre.

Un prigioniero ingiusto, anche se tenuto nel Palazzo di Miraflores, resta ingiusto. I Diritti Umani non si misurano in metri quadrati.

Leopoldo Lòpez Gil (padre), ha raccontato cosa significa trascorrere un giorno nella cella di suo figlio, come vengono sorvegliati i prigionieri e come vengono aperte tutte le corrispondenze. Infine chiarisce la storia dei suoi incontri con Diosdado Cabello, sul filo della notte.

Dopo quello che è successo a suo figlio, che cosa è successo nel resto della sua famiglia? Come si sente?

Nella nostra famiglia più stretta, la famiglia di Leopoldo, le sue sorelle, mia moglie, la moglie di Leopoldo ed i suoi figli, quello che posso notare è una grande unione, una grande solidarietà ed una grande ammirazione per la scelta compiuta da Leopoldo. Proviamo tutti un grande rispetto per il suo modo di pensare e soprattutto per il suo coraggio nell’affrontare questa situazione che per molti è incomprensibile, perché lui sapeva bene che avrebbe affrontato una giustizia che lui stesso ha dichiarato essere ingiusta e abbiamo tutti davanti agli occhi i risultati di questa ingiustizia.

Il processo, è un processo lungo e lo sappiamo tutti. Un processo che ha avuto inizio con un’udienza preliminare che già in partenza è stata un’udienza irregolare, dato che si sarebbe dovuta svolgere nel Palazzo di Giustizia e invece è stata realizzata come un’improvvisata udienza nella struttura del carcere di Ramo Verde,in una zona militare, in una specie di tribunale “mobile”, da un giudice che nemmeno aveva giurisdizione nello Stato Miranda. Quindi, persino l’inizio del processo è stato irregolare e ora, per il prossimo fine settimana, deve avere già l’udienza definitiva.
Ma c’è qualcosa che il pubblico deve sapere: dei 30 testimoni che ha cercato di promuovere la difesa, ne è stato accettato soltanto uno.

Perché?
Perché li hanno sottostimati dicendo che c’erano sufficienti prove con i video che avevano in loro possesso.

Ma, questo è ridicolo, in primo luogo, perché sebbene i video possano essere parte di una prova, non stanno nemmeno considerando gli autori dei video per essere testimoni.

Vale a dire, qui possono mostrarci un video qualsiasi e dire che si tratta di video che hanno ripreso lì, magari ritoccati.

E, in secondo luogo, è come se ci si dovesse immaginare che nell’assalto di una banca, l’unico testimone è la telecamera della banca e non le 30 persone che si trovavano fisicamente nella banca,testimoni oculari da più e diversi punti di vista di quanto accaduto. No, solo e soltanto una telecamera fissa sarà il testimone. Quella è stata l’irregolarità che ha preannunciato tutta l’ingiustizia che si sarebbe da lì in poi abbattuta su Leopoldo.

Leopoldo è stato accusato. Ma di cosa?  Per cosa? Qual è realmente l’accusa principale?

All’inizio quando fu decretato il suo arresto, c’erano alcuni capi d’imputazione che sono stati scorporati, delitti che erano ridicoli, fra gli altri, l’accusa di omicidio, quando loro stessi hanno dovuto ammettere che gli assassini altri non erano che funzionari del SEBIN (Servizi Bolivariani d’Intelligentia), sottovalutando questo, ovviamente.

Ma sono comunque rimasti tre capi d’imputazione, che gli si vogliono attribuire: incendio doloso,danni alla proprietà e istigazione alla violenza.

Ma che cosa ha incendiato Leopoldo?

Lui non ha incendiato niente, ovviamente, se non si considera l’incendio della fiamma della libertà in questo paese, non ha incendiato niente.

Quanto all’aver incitato il popolo alla violenza e al delitto, mi viene da chiedermi allora se tutta questa arringa politica non sia quindi un tradimento alla nostra Costituzione ed un incitamento al delitto.

La nostra Costituzione ci da il diritto di protestare e, perciò, a convocare il popolo alle proteste.

Un’altra accusa è stata anche quella di formare parte di un’ associazione a delinquere.

Quello è un delitto che è stato creato e pensato ad hoc fondamentalmente per il tema del narcotraffico ed è tipico del tema delle mafie, ecc, io credo che non si possano considerare i partiti politici, in questo caso Voluntad Popular di cui Leopoldo è leader, come associazioni a delinquere, salvo nelle menti turbate di alcuni signori che oggi occupano la Procura.

Quando Leopoldo si è costituito, nei giorni immediatamente precedenti, la notte prima, si era parlato di un incontro tra lui e Diosdado Cabello, presidente dell’Assemblea Nazionale.

In quell’occasione si era detto che sarebbe entrato o uscito. È vero? Gli hanno proposto di andare all’estero? È vero?
Ci dica cosa è successo.

Bene, quel sabato notte, all’incirca a mezzanotte si presentarono alcuni personaggi incappucciati, con armi lunghe, ecc., con un’ordine di cattura per mio figlio Leopoldo, a casa mia si stavano fermando a dormire sua moglie ed i suoi figli ed eravamo presenti soltanto noi parenti stretti, mia moglie ed io e una persona di servizio.

Quando ci hanno mostrato l’ordine di cattura,  hanno voluto anche una conversazione privata con Lilian, moglie di Leopoldo, dove le hanno detto che avrebbero perquisito la sua casa, chiedendole se volesse accompagnarli personalmente alla loro casa.
Poi entrarono a perquisire anche la mia.

Incappucciati?

No, si sono tolti i cappucci fuori, fortunatamente, e hanno anche lasciato le armi lunghe fuori di casa, sono entrati soltanto con pistole, ossia, in ogni modo hanno fatto una perquisizione della casa e se ne sono andati.

Com’è rimasta la casa?

No, no, hanno fatto la perquisizione, non hanno fatto un’ irruzione, hanno solo guardato. Comunque, circa un’ora dopo, abbiamo ricevuto una telefonata in cui annunciavano di volerci visitare di nuovo con il capo del Servizio d’Intelligentia e questo generale ci ha comunicato il desiderio del capitano Diosdado Cabello di incontrarci.

Io ho risposto “con molto piacere lo incontro,  purché sia qui, in casa mia. Io all’una e mezza di notte non esco di casa e tanto meno ho intenzioni di permettere che escano nè la mia signora, nè mia nuora.”

Così si presentò  all’una e mezza e cominciò una conversazione, prima, in merito alla possibilità di decifrare se Leopoldo fosse disponibile ad andarsene dal paese. Io immagino che in certo modo quello che stava cercando era la forma di facilitare, se quello fosse stato il suo desiderio, che se ne andasse.

Quando seppe che quella non sarebbe stata l’intenzione di Leopoldo, ci ha anche proposto, in un certo modo, di facilitare un asilo in un’ambasciata, cosa alla quale abbiamo risposto spiegando che nemmeno in questo caso Leopoldo avrebbe scelto questa opzione.

Rispondemmo che Leopoldo aveva deciso molto tempo prima di esporsi dando la faccia e di costituirsi pubblicamente, di fare un atto di presentazione davanti alla Legge e alla Giustizia, in un atto pubblico.

Lui se ne andò, per tornare a presentarsi la notte successiva al giorno in cui Leopoldo si è costituito. Tornò circa intorno alla stessa ora, l’una, una e qualcosa di notte a parlare con noi rispetto al fatto che ci fossero molti pericoli relativamente all’eventualità in cui Leopoldo  notizia che c’era molto pericolo nell’atto di consegna di Leopoldo alle autorità, perché avevano informazioni di un possibile attentato alla stessa vita di Leopoldo.

Devo dire che in quel momento lui non fu in grado di darci alcuna prova, e si trattò di una semplice conversazione in cui ci volle parlare dei rischi corsi da Leopoldo, oltre che dell’esistenza nel paese di oltre 200 colectivos fuori controllo, che da dopo la morte del comandante Chàvez, agivano molto liberamente.

Questo ipotetico attentato a Leopoldo quindi, secondo quanto riportato da Cabello, sarebbe potuto avvenire o per mano dei colectivos oppure da persone della destra -ripeto- non ci sono mai state prove, non ci sono mai state identificazioni e ovviamente, lì non avvenne alcuna negoziazione.

In primo luogo io non tratto mai i diritti di nessuno e tanto meno quelli di mio figlio.
In secondo luogo, se ci fosse stata una negoziazione, oggi non sarebbe in prigione Leopoldo López.

Alla fine Diosdado fu il mediatore dell’atto di consegna?

No, no, Leopoldo comparve, oltretutto, in un modo molto originale: arrivó a bordo di una moto, conducendola lui stesso, con addosso una giacca nera e un casco, ovviamente non lo si poteva riconoscere e apparve tra la folla della manifestazione che lo avrebbe accompagnato a consegnarsi.

Quando salì sul camion la gente lo riconobbe, scese dal camion e camminò fino alla statua di Martì.

Ma aveva già parlato lei con la Guardia Nazionale, con quella che lo ha poi preso in consegna lì?

No, nel modo più assoluto.

Lo stavano aspettando?

Beh, c’era un cordone di guardie enorme, ovviamente.

E lui decise di consegnarsi?

Beh, lui decise di uscire. Eravamo rimasti d’accordo che sarebbe salito sul nostro veicolo per andare fino al Palazzo di Giustizia.

Cosa capitò?

Lo hanno introdotto, non proprio spontaneamente come sembrerebbe in diverse fotografie, un po’ a spintoni dentro quelle, non so come si chiamano quelle vetture della Guardia Bolivariana.

Dentro vi trovò il generale comandante della Guardia Nazionale e il secondo Procuratore dei Diritti Fondamentali della Procura.

Come si svolge un giorno di Leopoldo nella prigione? Come sta, come si sente, com’è confinato?

E’ proprio così, totalmente confinato, le sue comunicazioni fino ad ora sono soltanto con il suo carceriere. Non gli permettono di vedere nessuno degli altri prigionieri, non gli è permesso parlare con nessuno, può ricevere visite solo da noi famigliari stretti e dai suoi avvocati tra il giovedì e la domenica.

Naturalmente, non abbiamo nemmeno il diritto ad una corrispondenza, la nostra corrispondenza viene aperta, letta, incluso la corrispondenza fra i suoi avvocati, cosa che evidentemente non è costituzionale e per le conversazioni lui non ha telefono, non ha computer, si informa di quello che succede giornalmente dai giornali (ndt. censurati).

Come ha spiegato a sua nipote la prigionia di suo figlio?

A mia nipote abbiamo raccontato una piccola favola, ha appena 4 anni e sarebbe stato molto duro incontrare suo padre in un luogo così sgradevole, brutto, sporco. Così le abbiamo spiegato che sta facendo degli esercizi con dei signori militari e per quello avrebbe visto molta gente in divisa e con fucili e come si trova in montagna, ci sono molti animali selvaggi intorno, per cui bisognava proteggerlo, per quello lo tenevano fra sbarre e molte recinzioni intorno.

Esce dal carcere? Che dimensione ha la cella dove sta?

La cella è una cella.

Ma non era una stanza?

Una prigionia ingiusta, anche se lo tenessero nel Palazzo di Miraflores (ndt. sede del palazzo di governo), resta ingiusta ed io ho detto al mondo intero, i diritti umani non si misurano a metri quadri.

Infatti Leopoldo vuole andare a Miraflores, secondo quanto ha detto lei stesso in una intervista.

Questo lo dirà la strada, quella strada che sta reclamando un cambiamento, se lo vuole portare là, beh, lo porterà.

Come si sente la notte, quando appoggia la testa sul suo cuscino, che cosa passa per la sua mente in un minuto?

Non sempre riesco a dormire, ma quello che posso di certo dire è che prego moltissimo, prego tanto, più di quanto non pregassi prima e ho una profonda fede che Dio ci aiuterà.

Qual è il suo patrono, il suo santo?
San Giuda Taddeo.

http://www.quintodia.net/seccion/entrevista/24545/un-dia-en-la-celda-de-leopoldo-lopez/ 

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