A San Cristóbal i militari continuano ad attaccare i cittadini, eppure nessuno dice nulla.
La televisione, come sempre, trasmette esclusivamente fuffa e manda in onda immagini e notizie edulcorate che nulla hanno a che vedere con quanto sta accadendo nel paese.
La verità è che, come mi faceva presente la mia amica Valderis poco fa in WhatsApp, le notizie in tempo reale in Venezuela non esistono più e non si riesce a sapere nemmeno ciò che accade a due isolate da dove abiti.
Questo è uno dei motivi principali di tante morti non direttamente coinvolte con le proteste in atto.
Le persone non sanno quando o dove si trovano i GNB che sparano come pazzi contro gente, case e palazzi e rischiano in ogni istante la vita tornando a casa come se niente fosse.
Esattamente come accaduto a quella giovane donna incinta pochi giorni fa.
Devi sperare di non incappare in gruppi di colectivos o in GNB e, ogni volta che torni a casa sano e salvo, ringrazi il cielo di avercela fatta.
Non si tratta più di una repressione contro i manifestanti.
Questa è una vera e propria guerra.
Le forze armate invadono cittadine e quartieri nel pieno della notte e nelle prime ore del giorno sparando a caso e tirando lacrimogeni contro le finestre delle abitazioni.
La gente ormai non fa quasi più caso all’aria irrespirabile, al calore delle fiamme, alle macchine incendiate lungo le strade, alle crisi respiratorie, all’aria generale di devastazione, agli spari continui che non permettono di chiudere occhio e di stare tranquilli.
Non c’è alcuna attenzione verso bambini, donne ed anziani.
Non esiste alcuna umanità e non ci sono regole.
La vita però non si è fermata.
Le persone devono continuare a lavorare e a guadagnare.
I bambini non possono rimanere sequestrati in casa, al lavoro e a scuola si continua ad andare.
Chi può li tiene a casa protetti, pur dispiacendosi.
Ma meglio un figlio annoiato in clausura che ammazzato da un proiettile vagante in classe o mentre sta tornando da scuola.
Chi esce la mattina spera ogni giorno di riuscire a raggiungere il proprio posto di lavoro e di non incontrare troppi posti di blocco e barricate lungo il percorso.
Sa bene che le barricate fanno parte di questa importante protesta collettiva contro il regime, ma rappresentano comunque una noia.
Altra speranza quella di riuscire effettivamente ad arrivarci in ufficio e di poter tornare a casa la sera dalla propria famiglia, senza ritrovarsi ferito e senza farsi ammazzare da qualche pazzo assassino incontrato lungo il cammino.
Chi ha figli giovani sa bene di non poter vietare loro che escano a manifestare con i propri coetanei, comprende questo momento storico e ammira il coraggio di questi ragazzi.
Tuttavia prega ogni giorno di poter rivedere i propri figli e di non dover scoprire tramite Twitter, con tanto di immagini cruente, la loro morte.
Le persone si preoccupano anche di dover mettere qualcosa in frigorifero e chi ha i bimbi piccoli deve sperare che qualche cartone di latte sia arrivato al supermercato.
Ci si tiene aggiornati tra amici, parenti e vicini e appena qualcuno sa che sono arrivati olio di mais, farina, cartaigienica e pollo, inizia una fitta rete di messaggi per informare più contatti possibili.
Certo è che bisogna avere molto tempo e pazienza e mettere in preventivo che si potrà restare anche 2/3 ore in piedi in coda, sotto il sole e sotto la pioggia, fuori da un supermercato ad aspettare il proprio turno.
Non è detto che dopo due ore di coda quella merce sarà ancora disponibile.
Ma ci si prova comunque.
Ora poi, sull’onda dell’esempio cubano della libreta de racionamiento, i venezuelani hanno una serie di limitazioni in termini di quantità, così che una famiglia di 8 persone non potrà acquistare più di 4 polli al mese o di due bottiglie di olio di mais alla volta.
Per molte ore al giorno e sempre di sera, ci sono black out infiniti, oltre ai frequenti blocchi di internet e alla censura di numerosi siti web indipendenti che trasmettono notizie.
Ora che hanno arrestato senza motivo (ah, no. Scusate, l’accusa in verità c’è: “disubbidienza”) il sindaco di San Cristóbal, il governo ritiene di poter mettere fine alle frequenti e coraggiose rivolte in atto nel Táchira tramite i continui attacchi e la minaccia di voler radere al suolo ogni quartiere di ogni città perchè sia “di esempio per il resto dei manifestanti di tutto il Venezuela”.
I cittadini di San Cristóbal si svegliano nella paura ogni mattina, nel rumore assordante delle sparatorie e delle grida inquietanti che provengono dalla strada.
Punti vendita ed abitazioni vengono presi d’assalto dai militari (GNB e PNB) che sparano proiettili e gas lacrimogeni in continuazione.
Le finestre sono tutte rotte, le porte sventrate e divelte.
I militari irrompono nei palazzi e nelle case e trascinano via donne minacciando di violentarle. Continuano ad attaccare ogni zona residenziale: Camino Real, Terracota, Vista Alegre sono solo alcune di esse.
Hanno attaccato persino l’Asilo San Pablo, residenza per anziani.
I feriti sono moltissimi e non se ne conosce con precisione il numero. Senz’altro non ha alcun senso basarsi sui bilanci statali, che parlano, per esempio, di 600 detenuti contro i reali 1.900.
Ovunque girano carri armati, da cui sparano ai vetri delle case e delle auto parcheggiate.
Quando non si fermando in mezzo alle strade a scatenare terrore e a compiere atti terroristici distruggono le barricate dei manifestanti.
Chi può permetterselo nasconde la propria auto in un garage, altrimenti si saluta anche quella e si prende atto che sono anche queste dimostrazioni della dittatura.
Chi non vive tutto questo dovrebbe almeno provare a chiudere gli occhi ed immaginare cosa possa significare in termini di paura e rischi una vita di questo tipo.
Pensate anche a come vi sentireste a vivere così, sapendo che nessuno nel mondo sembra interessarsi e preoccuparsi per voi o intenzionato ad aiutarvi.
Anche solo parlandone o sensibilizzando l’opinione pubblica a riguardo.
Pensate a come potreste stare se ogni mattina doveste salutare vostro marito e vostro figlio pregando che non accada loro niente mentre si troveranno per le strade.
Come vi sentireste con un bambino di pochi mesi e senza niente per nutrirlo?
E se i vostri genitori fossero malati e a molti km da voi e non si trovassero farmaci, oltre al cibo, come sarebbe il vostro umore?
Ricordare che in qualsiasi momento potrebbe succedere anche a voi, a noi, è un buon esercizio di empatia che mi sento di consigliare a chiunque.