Vi riporto tradotto questo interessante articolo di Antonio María Delgado, relativo all’attuale posizione dei GNB di fronte a quanto sta accadendo.
Sentendosi debole davanti alla più grande minaccia al chavismo degli ultimi dieci anni, Nicolás Maduro ha dato carta bianca ai guardiani della “revolución bolivariana” perchè reprimano con violenza le mille proteste in atto contro il Governo.
La repressione, però, sta solo rafforzando l’immagine di un regime totalitario, che a sua volta non fa che inasprire gli animi ed accentuare il rischio di un serio intervento militare, secondo gli analisti.
L’erede di Hugo Chávez non è in grado di garantire stabilità nemmeno ai militari, che davanti al crescente malcontento popolare nelle strade e alle varie denunce internazionali di violazione dei diritti umani, iniziano a contemplare un futuro senza Maduro.
“È sempre più evidente che Maduro abbia i giorni contati. Sarebbe complicato sostenerlo perchè ha dimostrato di non riuscire a garantire stabilità e governabilità al paese”, ha detto Antonio De la Cruz, direttore esecutivo della Inter American Trends.
“Maduro non rientra nemmeno più nei piani dei chavisti che vogliono operare dall’alto, esercitando il proprio potere estromettendolo”.
Questa però non è la stessa percezione che ha una (piccola) parte delle Forze Armate, che rispetta i suoi ordini considerandolo il legittimo presidente del paese.
Tuttavia quello è solo un micro gruppo di persone, rispetto a tutti quelli che anelano ad un cambiamento concreto.
Sappiamo che uno dei due gruppi che non segue Maduro, simpatizza per Diosdado Cabello, presidente dell’Assemblea Nazionale.
L’altro gruppo è formato da ufficiali istituzionali, ha spiegato una fonte anonima.
“il gruppo di Diosdado viene definito così non perchè lui ne sia a capo, ma solo perchè per alcuni aspetti si identifica con le sue posizioni e le sue idee”
Stessa cosa succede con il gruppo vincolato a Maduro, che finora sostiene il governante pur sentendo più rispetto per l’incarico che ricopre, più che per l’uomo in sè.
“vi è poi un terzo gruppo che non segue una persona in particolar modo. I suoi membri sono uniti da un rifiuto di Maduro come di Cabello e sentono qualche affinità con il generale Raúl Isaías Baduel, attualmente prigioniero”.
Tali divisioni interne alle forze armate rappresentano un ovvio problema nella prospettiva di un eventuale intervento militare. Il rischio è che inizino a spararsi tra di loro.
“Dopo 14 anni di chavismo e 10 mesi di madurísmo, dopo che ogni istituzione democratica è stata smantellata, il solo organismo rimasto in piedi nel paese con il potere di creare pressioni in grado di ottenere risultati concreti, è quello delle forze armate nazionali”, ha commentato da Londra Diego Moya-Ocampos, analista senior per le Americhe, della IHS Global Insight/IHS Jane’s.
Il rischio di un intervento militare aumenta mano a mano che si diffondono accuse documentate da fotografie video nei fori internazionali.
Tali prove documentate mostrano la repressione militare imposta da Maduro a tutto il mondo.
Agli USA, all’Unione Europea e a tutte le organizzazioni che oggi condannano il governo venezuelano per aver violato i diritti umani del proprio popolo.
Ci sono addirittura paesi che hanno ipotizzato di adottare sanzioni contro il nostro paese.
Maduro apparirebbe forte in ognuna delle sue apparizioni quotidiane in radio e tv, ma De la Cruz garantisce che si tratti solo di una maschera.
“La situazione interna del chavismo è realmente disperata”, ha detto.
Il paese è indebitato e le riserve internazionali di liquidità ammontano a soli 250 milioni di dollari, che equivalgono ad appena due giorni di importazioni.
A tutto ciò si aggiunge una brusca caduta fiscale, provocata dalle ultime misure economiche introdotte da Maduro che, costringendo i produttori a vendere i loro prodotti sotto costo, li ha portati unicamente al fallimento e a chiudere i battenti.
A tutto questo vanno ad aggiungersi anche queste proteste di strada che non sembrano proprio volersi spegnere, nonostante Maduro abbia ordinato alla Guardia Nacional e ai gruppi paramilitari chavisti di reprimerle con forza.
Al momento si contano 16 morti, quasi 200 feriti gravi e oltre 700 detenuti, tra i quali il leader di Voluntad Popular Leopoldo López.
Per Moya-Ocampos, i componenti militari del chavismo stanno osservando con molta attenzione e preoccupazione il rapido deterioramento della situazione politica e sociale.
“per il momento non si evidenziano fratture interne, ma solo molta preoccupazione per quanto sta accadendo”, ha detto Moya.
“La grande preoccupazione tra le forze militari, oltre alla paura di eventuali interventi internazionali, è data soprattutto dal fatto che queste manifestazioni non si plachino e che, anzi, continuino a crescere fino a contagiare e coinvolgere anche i barrios, i quartieri popolari in estrema povertà”, ha aggiunto.
Il rischio che le classi popolari si sommino alle manifestazioni di protesta potrebbe essere determinante perchè è nei barrios che finora si erano concentrate le più grandi e vaste forze chaviste.
“Molti di loro hanno iniziato a prendere parte delle manifestazioni, ma non nei propri barrios perchè terrorizzati dalla repressione attuata dai colectivos (gruppi paramilitari del chavismo)”, ha sottolineato.
De la Cruz ha inoltre aggiunto che le manifestazioni popolari contro Maduro stanno costando la vita a molte persone e il nuovo presidente chavista non ha la minima idea di come uscirne.
La protesta iniziata come una marcia studentesca scesa nelle strade per chiedere al governo più sicurezza nelle università e nelle città, è finita con il diventare una protesta nazionale finalizzata ad ottenere soluzioni concrete che mettano fine ai problemi economici e sociali del paese.
“Maduro appare sotto pressione sia per via dell’insufficiente resa petrolifera, sia per le direttive imposte da Cuba quando il regime di La Habana ha deciso di trasformarlo nell’erede di Chavez per poter continuare indisturbato il suo progetto bolivariano” e ancora: “il programma cubano vuole dare ogni priorità al sostentamento economico di Cuba e al movimento anti-USA in America Latina”, ha aggiunto De la Cruz.