Uniamoci, invece di respingerci!
In un momento del genere, con un terribile virus che minaccia il mondo intero, andrò contro tendenza e starò sulle palle a molti (ma corro il rischio) io ho più che mai voglia di unirmi umanamente al prossimo invece di puntare il dito.
Certo, condivido diversi post che mi capitano sotto gli occhi sulla necessità di stare a casa e di non diventare tutti ad un tratto podisti, perché sono più che d’accordo.
Faccio quello che mi viene richiesto, mi appello al buon senso mio ed altrui, ma mi rendo conto che pochi capiscano e che stiano sbagliando.
Sono anche d’accordo che sia folle che tutto ad un tratto siano diventati tutti sportivi e che sia un’esagerazione molto superficiale non poter attendere la fine della quarantena prima di rimettersi in moto.
Sono anche la prima che riconosce che non sia tanto il rischio di uscire e infettarsi ma quello di dare il buon esempio per un “o tutti i nessuno”, oltre a quello di evitare di creare ulteriori intoppi a un sistema sanitario già congestionato.
Tuttavia non sto apprezzando certi toni.
Perché l’umanità e l’educazione per me devono esserci sempre e comunque.
E, secondo me, stanno davvero venendo meno, da un lato e dall’altro.
Non parlo dei toni comprensibili. Di quelli arresi di molte persone, come gli amici bergamaschi, come chi conta già tra i propri affetti delle vittime, come chi, essendo medico, infermiere, farmacista, addetto alle pulizie, giornalista informato, ecc può dare il proprio contributo per informare e sensibilizzare sfruttando i social per condividere, informare e spronare il prossimo a stare a casa (seppur con il dolore ben impresso negli occhi e nel cuore).
Che poi anche tra i medici ci sono persone capaci di comunicare e altre che cavalcano l’onda per sentirsi il presidente della Repubblica seminando panico.
Ripeto prima di ricevere attacchi: sensibilizzare ha senso, allarmare per arrivare a chi fa il picnic al parco pure, ma certi sono da smettere da seguire all’istante e cercano solo un momento di celebrità anche nella tragedia.
Oltre a mio fratello, alle riflessioni di mia cognata (entrambi medici) o ai post intelligenti di altri medici che stimo molto, come per esempio il cugino di Gigi, apprezzo e seguo con piacere altri esperti che sensibilizzano, raccontano e spiegano (ad esempio Paolo Spada, davvero illuminato e illuminante).
Ma non ho invece nulla da spartire con i pessimisti e incazzati con la vita che ora sfruttano una laurea in medicina per portare avanti la battaglia della propria vita diventando dei leoni da tastiera.
Sensibilizzare sì, diventare matti legittimati da una laurea e seminare panico proprio no.
E ci tengo a precisarlo perché le persone leggono sempre nelle righe un pretesto per attaccarti: non parlo di giusto o sbagliato a livello concettuale. Parlo dei modi. Dei modi con cui si esprimono le cose. Punto.
A maggior ragione se sei medico devi stare bene attento a come comunichi.
Detto questo io penso che il male sia sempre anche negli occhi di chi guarda.
E, tralasciando chi poco intelligentemente esagera, porta, al di là degli scherzi, il peluche al parco o va a correre, io vorrei vedere più amore ed empatia e meno rabbia e cattiveria. Soprattutto ora.
Sono chiusa in casa come ci è stato richiesto ma l’altro ieri sono uscita per fare la spesa.
Sola ovviamente.
Sono riuscita a farla per noi e mia madre girando oltre 4 supermercati.
E non perché cercassi la carne di kobe o un formaggio inglese particolare.
Ho girato vari supermercati perché l’Esselunga aveva una coda infinita e dovevo tornare dalle bambine perché Gigi aveva delle call importanti.
Non sono riuscita a trovare slot liberi per farla online e, soprattutto, perché dovevo farla sia per noi che per mia madre.
Sono riuscita a prendere pochissime merci (pollo, latte, acqua, pasta, pane, tonno) solo a più riprese in diversi posti, perché molti punti vendita stanno subendo scioperi da parte degli autotrasportatori (a cui va il mio pensiero perché si stanno facendo un culo quadrato).
E, pur non volendo né dovendo fare la spesa per un pranzo medioevale ho preferito fare una spesa media senza saccheggi ma nemmeno giornaliera, proprio per evitare di uscire a più riprese. Proprio per attenermi alla quarantena.
E mentre attraversavo la città per andare da mia madre ho incontrato alcune persone a cui ho scambiato un sorriso e che ho salutato.
Non ho pensato che fossero delle merde da denunciare.
Ci vuole anche buon senso in questo. Ho prima pensato che avessero le loro buone ragioni per essere usciti, magari come me per fare la spesa o in farmacia o per andare al lavoro. Perché un sacco di gente sta lavorando e non può farlo in casa.
Io credo che la cattiveria spesso sia negli occhi di chi guarda.
Ripeto: runners e grigliate al parco a parte, proviamo a essere meno arrabbiati.
Che non significa essere superficiali. La gente muore e il dolore è tangibile.
Ma non perdiamo nemmeno di vista la nostra umanità.
Anche e soprattutto nell’argomentare la cosa.
Non siamo esperti nè paladini della giustizia.
Anche sui social: ognuno si appelli al proprio buon senso. Utilizzi il proprio seguito per fare qualcosa di giusto e utile.
Ho colleghe che stanno facendo un ottimo lavoro e che apprezzo molto per come riescono a fare informazione, in modo molto bilanciato pur ovviamente dicendo la loro. Inutile scrivere nomi, loro lo sanno e lo possono intuire dai miei like.
Ma nemmeno diventare tutti esperti puntando il dito contro chi scherza e prova a sdrammatizzare.
Sempre nel rispetto degli altri ricordiamoci che siamo tutti diversi, ma che tutti abbiamo paura allo stesso modo.
Aiutiamoci a migliorarci e ad agire meglio e con più attenzione verso il prossimo.
Non mettiamoci solo in croce.
Questo è il mio personalissimo punto di vista, ovviamente.