Milano, 9 marzo 2020
Care bambine,
stasera, alle 21.30, tutta Italia si è trovata davanti alla televisione per seguire il collegamento del Presidente del Consiglio Conte Giuseppe Conte.
Ce lo aspettavamo e anzi, speravamo che arrivassero queste ulteriori chiusure.
Non tutti sono contenti perché fabbriche, tabaccai e altri esercenti resteranno aperti.
Il nonno, mio padre, che purtroppo voi non avete conosciuto, ripeteva sempre che “medico pietoso fa la piaga purulenta”.
Al di là dell’immagina poco gratificante, questo è uno dei modi di dire che ho fatto mio con maggiore frequenza nella vita.
Pensando a un rapporto stanco, a un fidanzato da lasciare senza l’agonia data dal compromesso e del tergiversare inutile, ma anche in qualsiasi rapporto interpersonale.
Lo stesso vale oggi con questo dannato coronavirus.
Se adotteremo accorgimenti maggiori, se cercheremo di sacrificarci tutti rispettando le richieste che ci vengono fatte e resteremo il più possibile a casa, probabilmente ne usciremo prima.
Ho sempre pensato che le persone vadano anche responsabilizzate.
Quando mi trovo a capo di un progetto, per esempio, difficilmente mi metto l’elmetto e impugno il fucile (sto parlando per metafore, sia chiaro).
Mi piace pensare invece che sia la fiducia a muovere il prossimo.
Nel lavoro ma anche in qualsiasi altro ambito della vita.
Ecco, credo che il governo ci abbia trattati con altrettanta fiducia:
“vi chiediamo di uscire il meno possibile e di farlo con buon senso” e noi niente, ci abbiamo dovuto sbattere la testa: in 12 al supermercato e al parco a fare pic-nic per celebrare le prime giornate primaverili.
Quindi ecco che sono arrivate ulteriori restrizioni.
La comunicazione che le scuole resteranno chiuse fino al 3 di aprile e con loro asili, università, palestre e quasi tutti i negozi.
I numeri parlano di una crescita esponenziale di contagi e di ricoveri in terapia intensiva oltre che i continui decessi.
Purtroppo si tende sempre a credere che le cose brutte succedano solo agli altri.
Oggi ho visto un video girato da un giornalista per strada. Intervistava ragazzi sui 20 anni, tutti regolarmente seduti in pub, bar e ristoranti delle loro città.
Al giornalista che chiedeva loro cosa ne pensassero di questo virus, loro rispondevano divertiti che, a 25 anni, non avrebbero certo rinunciato alla loro libertà per un’influenza.
Ecco.
Io credo che questo sia un grave problema e che ancora in molti, in troppi, non abbiano capito quanto sia grave la situazione.
Non si ferma un paese intero per una semplice influenza.
Quello che questi ragazzi non stanno riuscendo a mettersi in testa è che le terapie intensive stanno collassando.
Siamo stati abituati all’immensa fortuna di poter contare su un sistema sanitario eccellente.
Se stai male a Milano, in Lombardia, vieni curato.
O almeno, così è sempre stato.
Quello che questi ragazzi non stanno capendo è che no, probabilmente non prenderanno il coronavirus.
O, se lo prenderanno, potrebbero restare asintomatici o superarlo effettivamente come se fosse stata solo una brutta influenza.
Questo sì.
Ma quello che non riesco a comprendere è che potrebbero comunque accompagnare questo virus dai loro genitori, dai loro nonni, dai loro amici con sistemi immunitari delicati e, perché bisogna pensare anche a questo, anche a perfetti sconosciuti che non meritano comunque di ammalarsi per la loro leggerezza.
Oppure potrebbero cadere in motorino, farsi male giocando a calcio, avere un incidente in auto e non trovare comunque posto in terapia intensiva per lasciarsi curare.
Non posso che dire grandi cose del nostro sistema sanitario, che ho vissuto in prima persona prima con la malattia di mio padre e poi con la vostra nascita e le cure straordinarie che vi sono state date (senza le quali oggi non sareste state qui).
Quindi mi arrabbio così tanto davanti alla superficialità e all’egoismo del prossimo. Ci sono medici, sfiniti, che stanno facendo orari assurdi per affrontare questa emergenza. Senza contare la componente psicologica e i demoni che dovranno affrontare con loro stessi, con tutto il dolore guardato in faccia in queste settimane, quando tutto sarà finito.
A noi viene chiesto di chiuderci in casa e accomodarci tra divano e letto. A noi viene chiesto di tutelarci e tutelare gli altri osservando un periodo di isolamento.
Loro non possono, loro sono esposti al virus notte e giorno, loro assistono a persone morire in continuazione e affrontano la disperazione etica e umana del dover scegliere chi salvare e chi no perché i posti letto e i posti in tin iniziano a scarseggiare.
Dobbiamo rinunciare tutti a qualcosa per il bene dell’Italia, e lo dobbiamo fare subito.
E così l’ultimo decreto ha comunicato misure più forti per contenere il più possibile l’avanzata del coronavirus e per tutelare la salute di tutti i cittadini.
Forse non lo debelleremo, ma almeno proveremo a lasciare un po’ di respiro alle terapie intensive e agli ospedali.
Sono molto triste questa sera. Ma siamo qui e siamo insieme.
Quindi restiamo a casa e speriamo che le cose migliorino presto.
Un abbraccio
mamma