A fine febbraio sono stata invitata all’inaugurazione di #SOLOPERTE , la mostra fotografica itinerante ideata da Pepita Onlus e Dajko Comunicazione per raccontare il #sexting dal punto di vista dei ragazzi.
L’ho trovata una mostra molto intelligente e ho riflettuto moltissimo, non solo come mamma (di due femmine, oltretutto!), ma anche come persona molto attiva sui social, su quanto possa essere pericoloso, alle volte, regalare al web dei momenti della nostra vita privata.
Ricordo, quando ero molto giovane, la battaglia con i miei genitori per fare un tatuaggio.
“Guarda che poi sarà per sempre!” mi ripetevano fino allo sfinimento. Per sempre.
Un disegno sulla pelle è obiettivamente qualcosa che resta lì, indelebile: anche quando, anni dopo, a riguardarlo, ci ritroviamo a pensare che ne avremmo tranquillamente potuto fare a meno.
Ci sono tante cose che restano per sempre. Una foto nel web, per esempio.
E so che fa ridere che io, proprio io che posto dozzine di foto al giorno, sia qui a riflettere su questo.
Ho deciso di aprire un blog e di espormi. Questo è chiaro.
Ma ogni giorno cerco di tenere conto di tanti aspetti e evito di pubblicare fotografie che possano in qualche modo rovinare la mia immagine o la mia reputazione e farmi sentire una perfetta cretina un domani.
Faccio parte di quella generazione che ha scoperto tecnologia, mail, telefonini e computer piuttosto avanti con l’età.
Avevo circa 17 anni quando mi è stato regalato il primo cellulare dai miei genitori.
Allora il telefono serviva solo per telefonare e mandarsi messaggi.
Non esisteva la telecamera incorporata, non si poteva andare su internet, non c’era Whatsapp.
Prima ancora di sposarmi, ho ovviamente incrociato sulla mia strada tante persone, tra cui alcuni uomini che mi hanno proposto filmati, mi hanno mandato e chiesto foto. “è solo per noi due” mi sono sentita ripetere così spesso.
Al di là del fatto che ho sempre creduto che anche il più grande amore di oggi possa trasformarsi nel più grande rancore un domani, ho sempre cercato di prevenire quelli che un giorno sarebbero potuti essere ricatti e imbarazzanti vendette evitando di far circolare contenuti compromettenti o, comunque, personali.
“se hai bisogno di vedermi chiamami e invitami a bere un caffè” , ho imparato a rispondere!
Tutte queste riflessioni sono nate spontanee durante la mostra, così riuscita da risultare una provocazione attenta, per risvegliare i giovani a una riflessione su un fenomeno diffuso e ancora, purtroppo, in crescita.
Pensate che, secondo i dati relativi al 2016 dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza, su un campione di oltre 7.000 adolescenti provenienti dalle diverse regioni d’Italia:
Il 4% dei ragazzi dichiara di aver fatto sesso inviando foto e video su WhatsApp, sui Social Network oppure telefonicamente,
il 6,5% ha fatto sexting e
il 2% invece ha fatto sesso davanti ad una webcam.
Il 10% degli adolescenti (1 ragazzo su 10) ha fatto selfie intimi o senza i vestiti e
il 3% pubblica queste foto intime sui social network per mettersi in mostra
Insomma, c’è ancora poca consapevolezza intorno a questo fenomeno.
Il percorso di #SOLOPERTE si snoda lungo 19 PANNELLI con foto e didascalie che contestualizzano e offrono spunti di riflessione ai ragazzi.
All’origine, la storia tra una ragazza, Asia, e il suo ragazzo e i loro messaggi scambiati via WhatsApp.
La prima foto, che accoglie i visitatori, è ospitata volutamente da un pannello sovradimensionato per lasciare un segno e lanciare un messaggio.
Le immagini vanno dal colore pieno alla dissolvenza, con un’immagine forte, al centro del percorso, che stabilisce il punto di rottura, il momento in cui tutto può cambiare se non si governa la propria esposizione in Rete, se non si protegge la propria preziosa identità.
La lenta perdita di cromatismo delle foto chiude su uno scatto confuso, quasi bianco per rappresentare la totale perdita d’identità di Asia.
Che si è spinta oltre per quello che credeva Amore.
Per questo l’ultima immagine è altro, quasi a dire:
«Non sono più io. Queste foto non sono più mie».
La mostra ha ottenuto il patrocinio di Regione Lombardia e dell’Ufficio Scolastico Regionale ed è a disposizione delle scuole che ne faranno richiesta e costituirà il punto di partenza e lo spunto per stimolare nei ragazzi un cambiamento, un’assunzione di responsabilità verso se stessi e un atto di rispetto verso gli altri, secondo il modello di responsabilizzazione di Pepita Onlus.