Finita la guerra, mia nonna, classe 1925 ed allora già laureata in Lettere Antiche, iniziò a fare scuola ai reduci di guerra in Piazza Cavour a Roma.
Per citare le sue parole: “si trattava di persone con il doppio dei miei anni che se ne stavano attente come bambini, pur di ricevere un pezzo di carta che permettesse loro di ripartire da zero avendo la guerra distrutto anche gli archivi”.
Un giorno suo fratello Bruno le chiese la cortesia di raggiungere alcuni amici dell’Aeronautica che soggiornavano presso l’Hotel de Russie di Via Del Babuino e di consegnare un plico di documenti a tale Antonio Marchesani, maresciallo dell’Aeronautica Militare.
Il fatto di avere sei fratelli uomini, di cui due arruolati nella Marina Militare la metteva spesso in contatto con quell’ambiente. Mia nonna mi racconta di aver pensato, una volta di fronte a quello che sarebbe diventato suo marito, “che dimostrasse molti più anni oltre agli 11 che aveva più di me. Mi fece simpatia, ma non mi piacque minimamente”. Tony, come lo sentii sempre chiamare nella mia vita (tra l’altro nome da vero emigrato italiano!) era invece rimasto incredibilmente affascinato da quella donnina minuta e testarda.
Lei non si poteva dire bella, il viso tondo, il naso pronunciato, i lineamenti marcati non la aggraziavano, ma emanava una sicurezza fuori dalla norma, ostentava grande sicurezza in se stessa e si dava arie da accademica (ai tempi i 3+2 non erano in auge e il fatto che una donna frequentasse l’Università non era ancora una cosa molto diffusa). Alla fine diventarono amici ed iniziarono a scambiarsi una fitta corrispondenza (che ho avuto il piacere di leggere e che ho trovato deliziosa!), in un ping pong Vasto-Formia.
La maggior parte delle lettere che ho potuto leggere, infatti, erano state inviate da Vasto, paese natale di mio nonno, all’indirizzo di mia nonna, di Via XX Settembre a Formia. Di tanto in tanto lui le inviava enormi mazzi di rose Bacara, che non avevano smesso di arrivare con regolarità nemmeno quando, terminata la Guerra, privo di valide e convincenti alternative, gli venne proposto di creare una base sudamericana per l’Ati, chiedendogli di scegliere dove preferisse stanziarsi, tra Venezuela ed Argentina.
Nel ’46 era infatti stata fondata a Roma l’ Alitalia-Aerolinee Internazionali Italiane, che nel luglio dello stesso anno avrebbe effettuato il primo collegamento internazionale e, nel marzo dell’anno successivo (1948), la prima tratta intercontinentale: Milano, Roma, Dakar, Natal, Rio de Janeiro, San Paolo, Buenos Aires (oltre 30 ore di volo). Verso la fine del 1949, la flotta venne rinnovata con quattro Douglas DC-4 ed entrarono in servizio le prime hostess, che indossavano delle divise create appositamente per loro dalle sorelle Fontana. Mio nonno optò per il Venezuela con l’aeronautica commerciale Ati che allora copriva solo il Centro America e che d’ora in poi avrebbe servito anche il Sud-America.